Esiste o può esistere una morale pubblica e una morale privata?
Se per privata intendiamo: riservata, segreta, percepita con senso di timore o di vergogna quando captata o intuita da altri, la risposta è: forse.
Nel caso, invece, di un privato ostentato, chiassoso, guascone, arcinoto allora è possibile solamente una risposta, ossia: no!
In nessun Paese la morale pubblica e la morale privata possono viaggiare in direzioni opposte.
Nessuna comunità può esistere durevolmente avendo come principale elemento costitutivo l’ipocrisia, la menzogna, la falsità.
Occorre, sempre ed a tutti i livelli, un minimo di coerenza.
In ogni comunità ci sono sempre delle differenze e ci sono delle persone che debbono sopportare sacrifici e rigori maggiori di altre.
La pace sociale è garantita: o dalla speranza di una mobilità, di un interscambio dei ruoli e delle mansioni in seno alla società; o da un progetto accettato e possibile, per un futuro diverso e migliore per tutti; o, infine, dalla credibilità di coloro che stanno guidando il Paese.
Si capisce, allora, come non sia una questione secondaria la questione morale, sia essa privata sia essa pubblica.
Poi può esserci la connivenza, l’opportunismo, la malafede, la cortigianeria, l’omertà che porta alcuni soggetti a tenere atteggiamenti subdoli o servili.
Ma nessun sistema sociale regge quando la percentuale dei “normalmente onesti” scende al di sotto del 51%!
I soggetti parassiti vivono (ed esistono) fino a quando trovano dei soggetti produttivi da sfruttare. Quando, invece, i ladri diventano una quota rilevante, non c’è più nulla da rubare per nessuno!
In molti Paesi esistono forti componenti di credenti.
Le Religioni sono ancora molto importanti. Le Religioni hanno (e avranno) dei fedeli fino a quando daranno una speranza e fino a quando saranno credibili.
La parola e l’azione debbono essere, tra loro, coordinate e concordi.
Una bella e buona parola ha un suo fascino. Poi occorrono azioni, fatti coerenti e conformi.
Chiunque va ad uno spettacolo sa di partecipare ad una rappresentazione della realtà. Ma la realtà, che esiste oltre lo spettacolo, è qualche cosa di molto più vasto e, soprattutto, di ben diverso.
Spesso si corre il rischio di trasformare tutto in una rappresentazione teatrale. Ed è una rappresentazione teatrale di modesta qualità, dalla quale si esce come si era entrati, ossia: nessun arricchimento culturale; nessun stimolo creativo; nessun godimento dello spirito; ecc.
Una Religione ha degli insegnamenti, dei precetti, delle convinzioni profonde la cui mancata osservanza è, per i suoi credenti, colpa e peccato (più o meno grave).
Esiste una coscienza individuale ed una coscienza collettiva connesse alla morale comune.
Qualsiasi Stato (civile) e qualsiasi Religione (non massimalista) hanno al centro la persona, un popolo e una universalità.
Ma gli Stati democratici e le Religioni hanno fini, strutture e metodi diversi.
Gli Stati dovrebbero essere laici e le Religioni dovrebbero curarsi di formare delle persone responsabili.
Se le Religioni falliscono nei loro intento, occorre una stretta assillante legislazione statale.
Altre volte si chiede agli Stati di assumere un ruolo confessionale. Se allo Stato compete regolare ogni aspetto della vita, lo Stato deve entrare, interferire, nella sfera privata, nella coscienza/morale personale. Le Leggi ed i costumi si influenzano a vicenda. Non è sufficiente una buona Legge per avere un popolo virtuoso. E un popolo virtuoso non ha bisogno di una legislazione copiosa.
In entrambe le situazioni ciascuna persona dovrebbe sapere che cosa andrebbe fatto per il raggiungimento del bene comune. Le Leggi intervengono con la funzione di pungolo o di freno nei confronti dei meno coscienti. La mezza via sarebbe realistica, auspicabile, bastevole.
Non è così.
In Italia assistiamo ad uno scempio continuo di buon senso e di onestà.
Ci si accontenta delle tante belle parole e dei proclami suggestivi.
Ma le giovani generazioni hanno bisogno di esempi e di testimonianze. Assistere ad una recita di teatro non serve a nulla e non giova a nessuno.
Inoltre per governare la realtà occorre saper trovare dei compromessi, intesi nel senso alto del termine, tra idee e proposte diverse.
Cosa assai diversa dal confondere la realtà del quotidiano con la realtà che vorremmo. O, peggio ancora, non rinunciare ad usare gli strumenti (mass-media) adatti a forgiare od a ricostruire la realtà secondo i desideri di alcuni.
Per cambiare la realtà non è sufficiente un fiume di parole; soprattutto quando dette da personaggi ogni giorno sempre meno credibili.
In proposito, ad esempio, il Cristianesimo ammonisce: “Non chiunque mi dice: 'Signore, Signore' entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre che è nei cieli”.
La percezione che oggi si trae è quella di assistere ad uno spettacolo di marionette, anzichè persone che sono artefici di un cammino e di una crescita collettiva. Ora si è pupi o pupari: o si viene mossi perché legati e condizionati da tanti fili, o si manovrano gli altri secondo i propri intenti.
Tutto questo fino a quando o spinti dal bisogno o da un soprassalto di dignità troveremo la voglia di reagire.
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