Essere sempre prudenti? È puro buon senso! Avere sempre paura? Non è normale!
Eppure l’uomo moderno appena si desta ha subito paura di non essere adeguato, di essere in ritardo, di essere stato frodato (di qualche cosa, da qualcuno) mentre non vigilava.
Sono indubbiamente tante le paure dell’uomo moderno.
Forse sono troppe e questo dovrebbe far pensare. Infatti una creatura continuamente schiava dell’ansia, di angosce, di incertezze, di dubbi, di diffidenze e di paure difficilmente avrebbe osato lasciare la tana! Allora che cosa è cambiato nell’uomo e attorno agli uomini? Perché ora subiscono, come non modificabile, una situazione di apparente ostilità?
Forse qualcuno o forse qualche cosa, nel nostro modo di essere e di vivere, inocula agli umani questa tossina?!
È certo che, oggi, si ha sempre paura di dare una risposta chiara. Si ha paura di prendersi delle responsabilità. Soprattutto si ha paura di perdere il posto di lavoro. In effetti si fa presto a dire che il posto fisso è una utopia. Ma come si fa a metter su famiglia senza la certezza di un reddito, senza la certezza di poter condurre una esistenza dignitosa e la possibilità di pagare le utenze, le assicurazioni, le rette o il mutuo al loro scadere!?
Due o tre mila anni fa la qualità della vita era pessima e la mortalità elevatissima. Ad es.: l’età media dei civilissimi romani era ridicolmente bassa (42 anni). Poi la quantità di ore dedicate al lavoro, sempre molto gravoso, era in funzione delle stagioni e degli eventi climatici. Ma, tra i non schiavi, le ore dedicate alle festività e all’otium erano veramente molte.
Con la rivoluzione industriale è cambiato tutto. L’uomo vive per lavorare. Le sessanta ore settimanali, per molte categorie sociali, sono state conquistate pagandole un alto prezzo.
Il progresso ha aumentato la produttività. Ma le classi sociali hanno sempre ottenuto una redistribuzione della nuova maggiore ricchezza prodotta? Forse. Di certo il padrone ha dismesso il calesse per l’elicottero, mentre il proletario non va più a piedi, ora ha anche lui una utilitaria, ma spesso ha dismesso la prole.
Purtroppo per molti il lavoro, oggi, è anche una ossessione. Non ci si possono permettere distrazioni sul posto di lavoro. Neanche volendo si può essere, per pochi istanti, deconcentrati, con la testa altrove, poichè quello che potrebbe accadere avrebbe spesso delle conseguenze molto gravi. Poi il lavoro in tanti se lo portano a casa, nella testa ed anche nella borsa! Il lavoro tiene compagnia sia quando si è in metropolitana, sia quando si è tra le mura domestiche.
Così, quando finalmente dopo tante ore, ci si ricongiunge con i propri cari non si ha più niente da dare, da offrire, da condividere e, talvolta, neppure da dire. Infatti sono tanti coloro che al termine di una giornata ordinaria sono ... svuotati. Sono stati spogliati di ogni energia, fisica e/o creativa. Il lavoro ed i suoi ritmi hanno finito con il possedere il lavoratore. Ora esiste un uomo prosciugato. Un uomo che percepisce chiaramente che il tuo tempo e la tua vita non gli appartengono più, non sono più suoi. Sono del suo lavoro. Il tempo del lavoro si fonde e confonde con il tempo del non lavoro.
Ma quello è anche un uomo al quale è ben evidente che non esistono alternative perchè per lui non è possibile cambiare occupazione e modo di vita.
Com'è potuto accadere tutto ciò? Ricordiamo quando qualcuno diceva: “le nuove parole d’ordine sono: deregulation, disponibilità, flessibilità”? Non occorre aggiungere altro!
Dei cattivi maestri hanno convinto la maggioranza ad accettare il baratto.
La minoranza ha dovuto subire ed adeguarsi.
Tanti lavoratori hanno dato efficienza e produttività, ma non hanno avuto le giuste contropartite (reddito e qualità della vita). Anzi, molti lavoratori non erano neppure più in grado di pensare o avevano il coraggio di chiedere di condividere quello che, anche con la loro fatica, si andava creando ed accumulando.
Però ai lavoratori sono stati dati nuovi diritti: l’aborto, l’ omosessualità e l’eutanasia.
Ora essere “di sinistra” è essere nell’errore.
Dare del “comunista” è il peggior insulto.
“La solidarietà e la condivisione” sono valori di altri tempi. Sono valori superati, ma nessuno sa bene da che cosa o perché debbano essere considerati superati ed indifendibili.
Inoltre la cultura dominante, con i suoi giocatori e le sue ballerine, educa all’effimero.
E che cosa dire delle tante comunicazioni che ci sono proposte sugli “errori”. Esiste una dis-educazione operata dai mass-media a livello subliminare che induce al sadismo ed al masochismo, ossia: ad una perdita di umanità. Se un cronista sbaglia, deve essere indicato al pubblico ludibrio. Ci viene anche proposto di ridere quando un bambino cade dall’altalena. Oppure ci viene suggerito di ridere se un pescatore cade in acqua. Ed ancora: ridiamo quando il teleschermo ci mostra un vecchio mentre scivola sul ghiaccio.
Tutto questo perché nessuno può permettersi di sbagliare.
Però gli errori, i peccati, ora sono in diretta relazione con il peccatore. Uno sguardo ad una prostituta al margine della strada, lanciato furtivamente da un popolano, “pesa” meno e non può essere paragonato alla prestazione ricevuta da un Tycoon da parte di una escort.
Proviamo, dunque, a riprenderci la vita, lo spazio ed il tempo che ci sono dati.
Proviamo a parlare di più con gli altri, sui luoghi di lavoro e/o di aggregazione.
Proviamo a confrontare le nostre diverse esperienze. Cerchiamo di soppesare i risultati, sulle situazioni prodotte e di riflettere sulle conseguenze.
Presto ci accorgeremo che non tutti coloro che si pongono come nostri maestri sono uguali. Non tutti i maestri vogliono il nostro interesse, ma alcuni di essi puntano esclusivamente a raggirarci per un loro personale tornaconto.
Allora possiamo ricominciare. E ricominciamo dal bisogno di avere un unico Padre e di essere sei miliardi di fratelli, di sorelle, di … parenti.
Poi dovremo riappropriarci del linguaggio e del bisogno di comunicare. Dobbiamo capire le ragioni che ci portano a considerare necessario incontrare gli altri.
Liberiamoci, dunque, dall’ossessiva ricerca della perfezione e dell’infallibilità, auspicabili, ma troppo spesso causa di divisioni, di incomprensioni e di pretestuosa rinuncia al confronto o di chiusura all’incontro. Educhiamoci, invece, all’attenzione reciproca, ossia alla necessità del rispetto, al comune esercizio della pazienza e della tolleranza.
Occorre riprendersi gli spazi, la piazza (anche virtuale) ed il tempo.
Una politica caratterizzata da piccoli passi, quando accomuna una moltitudine, porta a dei risultati.
È la pace che nasce dalla giustizia, cosa diversa dalla pace imposta dai vincitori.
È un modo di agire nella quotidianità e nella condivisione, attraverso stili di vita semplici, ma al tempo stesso forti. Ad es.: come acquirenti e consumatori possiamo praticare il boicottaggio su alcuni beni e servizi prodotti da alcune aziende o Stati.
Da tempo immemore alla semina ha fatto sempre seguito il raccolto.
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