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STAMPA
Sono stati loro. Sono stati gli Israeliani.

La mattina del 7 ottobre i comandi dell'esercito israeliano hanno dato l'ordine di uccidere tutti, amici e nemici.
Hanno usato carrarmati, aerei ed elicotteri per distruggere le case dove erano presenti terroristi (o, a questo punto, "combattenti") di Hamas insieme ai loro abitanti e ad altri presi in ostaggio.
L'evidenza è schiacciante: ci sono case distrutte da bombe piovute dal tetto, e altre con muri perforati da proiettili da cannone.
Hamas non dispone di nessun armamento neppure vagamente simile.
Centinaia di israeliani sono stati uccisi da chi li doveva proteggere e la colpa fatta ricadere su Hamas, aggiungendoci pure la balla inventata di sana pianta della storia dei 40 bambini decapitati.
E tutto questo è stato fatto intenzionalmente, per impedire ad Hamas di prendere degli ostaggi da poi scambiare coi 6000 palestinesi detenuti illegalmente di Israele nelle sue carceri.
Non è più un sospetto, ma una certezza. Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti e le accuse non vengono da Hamas o dalla Complottisti Riuniti SpA, ma dalla opposizione israeliana stessa.
Che i conti non tornano poi lo dice l’elenco ufficiale delle vittime israeliane pubblicato il ​​23 ottobre e che ha rivelato come oltre il 48% fossero soldati o poliziotti armati in servizio attivo e non civili. Inoltre, nell'altro 52% ci sono anche membri delle milizie paramilitari formate dei coloni.
E gli altri?
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A fine mattina del 7 ottobre l'esercito israeliano ha ricevuto l’ordine di bombardare le case israeliane e perfino le proprie basi, dove si supponeva che fossero state sopraffatte dai militanti di Hamas.
Quanti cittadini israeliani che si dice siano stati “bruciati vivi” sono stati in realtà uccisi dal fuoco amico?
Numerose nuove testimonianze di testimoni oculari israeliani si aggiungono alle prove crescenti che l’esercito israeliano ha ucciso i propri cittadini mentre combattevano per neutralizzare gli armati palestinesi.
Tuval Escapa, un membro della squadra di sicurezza del Kibbutz Be’eri, aveva istituito una hotline per coordinare i residenti del kibbutz con l’esercito israeliano. Ha detto al quotidiano israeliano Haaretz che quando la disperazione ha cominciato a prendere il sopravvento, “i comandanti sul campo hanno preso decisioni drastiche – incluso bombardare le case dei loro occupanti - per "eliminare i terroristi insieme agli ostaggi”.
Un rapporto indipendente pubblicato su Haaretz riporta che l’esercito israeliano è stato “costretto a richiedere alla propria aviazione un attacco aereo” contro la propria caserma all’interno del valico di Erez verso Gaza “al fine di respingere i terroristi” che ne avevano preso il controllo.
In quel momento la base era piena di ufficiali e soldati dell’amministrazione civile israeliana.
Questi rapporti indicano anche che, sempre dall’alto comando militare, sono arrivati ordini di attaccare case e altre aree all’interno di Israele, indifferenti alla perdita di vite israeliane.
Una donna israeliana di nome Yasmin Porat ha confermato in un’intervista con Israel Radio che i militari “senza dubbio” hanno ucciso numerosi civili israeliani durante gli scontri a fuoco con i militanti di Hamas il 7 ottobre. Lo ha visto coi propri occhi, e di un gruppo di una ventina di ostaggi e una decina di terroristi è sopravvissuta solo lei e un'altra persona.
Mentre era trattenuta dagli armati di Hamas, Porat ha testimoniato: “Non ci hanno abusato. Siamo stati trattati in modo molto umano… Nessuno ci ha trattato violentemente. L’obiettivo era rapirci e portarci a Gaza come ostaggi, non quello di ucciderci”.
Secondo Haaretz, l’esercito israeliano è riuscito a riprendere il controllo sul kibbutz di Be’eri solo dopo aver bombardato le case degli israeliani che erano stati fatti prigionieri.
“Il prezzo è stato terribile: sono stati uccisi almeno 112 residenti di Be’eri”, riporta il giornale. “mentre gli altri sono stati comunque rapiti. Ieri, 11 giorni dopo il massacro, in una delle case distrutte sono stati scoperti i corpi di una madre e di suo figlio sotto le macerie".
Anche gli elicotteri d’attacco Apache hanno avuto un ruolo importante nella risposta dell’esercito israeliano il 7 ottobre.
Alcuni piloti hanno riferito ai media israeliani di essersi precipitati sul campo di battaglia senza alcuna informazione di intelligence sul cosa dovevano fare.
In particolare, sul luogo della grande festa musicale "Nature Party" hanno colpito indistintamente tutti i veicoli, sia fermi che in movimento. Decine di auto sono bruciate coi loro occupanti, tutti giovani partecipanti al festival che cercavano di allontanarsi.
“Mi trovavo in un dilemma su a quali bersagli colpire, perché ce ne erano così tanti”, ha commentato uno dei piloti di quegli Apache.
Per cui nel dubbio hanno sparato a tutti.
Ma anche sul terreno le cose non sono andate diversamente. Un gran numero di giovani vittime è stato freddato mentre si nascondeva nei bagni.
Ma da un video di uno dei sopravvissuti si vedono chiaramente i ragazzi nei bagni costellati di cadaveri, che si nascondono alle spalle di un uomo armato, manifestamente non un militare israeliano, che risponde al fuoco da fuori, come a cercare protezione, mentre questo carica il fucile d'assalto e guarda fuori.
Gli assalitori non si vedono, e quindi si presumeva fossero terroristi, ma ora a giorni di distanza spunta un altro video dove si vedono le forze di sicurezza israeliane avanzare in un campo ormai svuotato, dove tutti si nascondono da qualche parte, sparando sistematicamente sui gabinetti.
La cosa spaventosa è che - impermeabile alle richieste di spiegazioni - il governo Nethanyahu continua ad insistere su notizie ormai screditate di “bambini decapitati” mentre distribuisce fotografie di “corpi bruciati in modo irriconoscibile” per insistere sul fatto che i militanti hanno sadicamente immolato i loro prigionieri, e ne hanno persino violentati alcuni prima di bruciarli vivi.
Goebbels sarebbe stato fiero di questa gente.
E' abbastanza chiaro ormai che molte delle immagini più sconvolgenti dei cadaveri israeliani carbonizzati, come anche quelle delle case israeliane ridotte in macerie, presentate ai media occidentali sono stati in realtà il frutto dell'operato degli equipaggi dei carri armati e dei piloti di elicotteri israeliani che hanno usato su territorio israeliano e contro israeliani, cannoni e missili Hellfire.
In realtà l’esercito israeliano non ha fatto nulla di diverso dal solito.
Ha semplicemente usato contro i propri connazionali quelle stesse tattiche e la stessa crudeltà normalmente impiegate contro i civili a Gaza.
Questo spiega in gran parte l'enorme numero di militari uccisi. Non si sono scontrati con Hamas, ma sono stati massacrati dai commilitoni.
Infatti Hamas ha comunicato, insieme al bilancio dell'operazione, che era stata lanciata con una forza di assalto composta da 1500 miliziani, e che ci si aspettava che sarebbero rimasti tutti uccisi negli scontri, e dei quali infatti erano stati preparati gli elenchi coi nominativi, schede personali e quant'altro per le famiglie.
Invece ne sono tornati indietro, con assoluta incredulità dei comandanti, addirittura 1400, e dopo aver conseguito tutti gli obbiettivi assegnati.
Nello scontro fra uno degli eserciti più forti del mondo e dei miliziani armati solo di fucili d'assalto e che hanno assalito i posti di guardia difesi da armamenti pesanti, viaggiando in due in motorino, si è assistito ad un ratio-to-kill di 15 a 1 a favore degli attaccanti.
Per ogni miliziano di Hamas morto ci sono state oltre 15 vittime israeliane, di cui almeno 8 militari.
E' chiaro che ci sono conti che non tornano.
Nell'assalto di sorpresa alla caserma del valico di Herets, il più importante della striscia, i combattenti palestinesi hanno ucciso decine di soldati in rapida successione, molti ancora in mutande colti di sorpresa ancora a letto. Le Go-Pro dei miliziani non lasciano adito a dubbi su questo.
Nessuno degli attaccanti aveva altro che armi a spalla.
Nonostante questo, a Heretz sono morti ben 340 soldati armati, personale dell’intelligence e ufficiali di alto rango come il colonnello Jonathan Steinberg, il comandante della Brigata Nahal israeliana.
La base disponeva di un bunker sotterraneo in cui si sono trincerati gli altri ufficiali e la maggior parte dei sopravvissuti, e dal quale hanno dato ordine di distruggerla, sapendo di essere al sicuro.
Della carneficina sopra le loro teste hanno poi incolpato Hamas.
Poi vediamo che il video diffuso dal COGAT israeliano dieci giorni dopo la battaglia mostra gravi danni strutturali al tetto dei rifugi, che possono solo essere la conseguenza di un attacco aereo.
Ma la stampa israeliana dice apertamente che si tratta di danni causati dall'attacco di Hamas.
Con cosa? Con degli aerei?
Panico o scelte premeditate?
Alle 10:30, secondo un resoconto fornito dai militari intervistati dal quotidiano israeliano Mako, “la maggior parte delle forze [palestinesi] dell’ondata di invasione originaria avevano già lasciato l’area per Gaza”.
Con l'espugnazione del valico, rimasto aperto e disseminato di cadaveri, una folla di palestinesi (ben visibile nei video) comprendente saccheggiatori, curiosi ed elementi indipendenti della resistenza palestinese non necessariamente sotto il comando di Hamas, cominciano ad affluire al di là della frontiera in cerca di bottino, vendetta o semplicemente per vedere quello che c'è al di là e che in vita loro non hanno mai potuto vedere con i loro occhi.
Saranno questi le vittime della risposta israeliana.
1400 militanti di Hamas sono già rientrati nelle gallerie.
Sono passate 3 ore e mezza. I comandi israeliani - l'esercito più preparato del mondo ad eventualità come queste - o sono nel marasma più completo o seguono un piano prestabilito che mira a fare più vittime israeliane possibili.
Infatti interviene l'aviazione con gli elicotteri.
Due squadroni di elicotteri Apache israeliani per un totale di 8 elicotteri sorvolano il perimetro della grande muraglia che chiude Gaza per decine di chilometri tutto intorno.
"Non avevamo informazioni che ci aiutassero a prendere decisioni”, ha riferito Mako. Gli elicotteri si limitano a sorvolare e disporsi in formazione fino a mezzogiorno.
Sono passate 5 ore dall'assalto e ormai l’ondata di infiltrazioni da Gaza semina il caos sul terreno, i coloni sparano, i saccheggiatori sparano, la gente scappa, sicuramente svariate squadre di DRG di Hamas si infiltrano per condurre sabotaggi mirati e aumentare la confusione.
I piloti israeliani scombussolati cominciano a sparare a casaccio a tuto quello che si muove.
Da uno di loro:"abbiamo sparato un’enorme quantità di munizioni, svuotando la ‘pancia dell’elicottero’ in pochi minuti , e siamo rientrati alla base per riarmarci e abbiamo ricominciato, più e più volte. Ma non serviva a niente, e a terra i comandanti lo hanno capito”, ha riferito Mako.
Sembra infatti che tutto quello che gli Apache siano riusciti a fare è di distruggere tutti i veicoli che tornavano a Gaza dal festival di musica elettronica "Nature Nova" e quelli dei coloni israeliani dai kibbutz vicini.
La giustificazione usata a posteriori è quasi peggio del danno, perché l'aviazione si è difesa dicendo che effettivamente avevano distrutto le auto che vedevano, con la consapevolezza che all’interno potevano trovarsi ostaggi israeliani, ma era solo per impedire che degli innocenti venissero rapiti e trascinati a Gaza.
Meglio morti che ostaggi?
La spiegazione dell'evitare la presa di ostaggi però non regge nel momento che i video mostrano chiaramente che dagli elicotteri hanno sparato anche su persone disarmate che scendevano dalle auto o camminavano a piedi nei campi da soli e non in gruppo. Ostaggi di se stessi?
La giustificazione più idiota e atroce che abbia mai sentito dai piloti è poi stata che " è stata tutta colpa di Hamas, che ha messo a punto tattiche specifiche al fine di impedire di distinguere chiaramente tra terroristi e civili israeliani".
“L’esercito di Hamas, a quanto pare, ha deliberatamente creato difficoltà ai piloti di elicotteri e agli operatori degli UAV”, ha pubblicato Yedioth Aharanoth, prestigioso quotidiano israeliano.
E' una delle frasi che passerà alla storia, rivelatrice di una totale imbecillità e del livello penoso raggiunto dall'esercito israeliano, imbevuto di pregiudizi e tronfio di vittorie che ormai datano decenni ma gonfiato dalla efficacissima propaganda che fino ad ieri lo faceva percepire ai suoi vicini arabi e anche ai suoi membri come invincibile.
Ma guarda tu? Quei bastardi dei palestinesi non si sono messi a tirare sassi correndo in ciabatte come al solito? Ma pensa che disonesti!
La rabbia di essersi scoperti vulnerabili e la colossale figura di merda di fronte al paese intero -impossibile da nascondere in quanto in Israele l'esercito "è" il paese, visto che tutti i cittadini ne fanno parte - è quella che ora fa commettere crimini su crimini nei confronti dei civili palestinesi, incuranti dell'occhio sdegnato del mondo.
E' pura sete di vendetta, nociva politicamente come null'altro mai fatto, fra i tanti crimini impunita, da Israele.
Possibile che veramente nessuno sospettasse niente?
E qui si riaccendono i sospetti sulla "Pearl Harlbour" mediorientale.
Sono stati gli ambienti repubblicani USA i primi a sospettare che in realtà i vertici politici e militari israeliani sapessero benissimo (anche perché avvisati dagli egiziani) che stava per succedere qualcosa di grosso.
Ed è proprio dagli USA che i primi giorni sono arrivate ondate di scetticismo nei confronti della buona fede di Nethanyahu.
Ogni giorno che passa emerge una nuova nefandezza, un nuovo crimine di guerra, una nuova menzogna propinata dal suo governo ad un sistema mediatico inizialmente molto ricettivo, ma che con il passare dei giorni incredibilmente comincia a se non a rifiutarle, a soppesarle. A criticarle.
Ormai l'unica speranza è che al più presto Nethanyahu venga deposto, il suo governo sciolto e i suoi membri arrestati in attesa di un processo pubblico, dimostrando - tardivamente - di essere davvero "l'unica democrazia del Medio Oriente".
Ma questo svelerebbe una volta per tutte i legami sotterranei - e il giro di soldi - intercorso fra il partito al potere e Hamas. Quindi non accadrà, almeno non fino a che si combatte. E quindi si combatterà a lungo, commettendo crimini tali da far passare in secondo piano "Le storie di Bibi".
Se la società israeliana non troverà il modo di bloccare questa deriva, con tutto quello che ha già fatto, continua a fare e ha chiaramente annunciato di voler fare (massacri sistematici, pulizia etnica, deportazioni) inesorabilmente si troverà ad avere bruciato definitivamente quel credito di cui spesso abusa derivato dall'olocausto.
E molto probabilmente quelle stelle gialle sulla giacca, ostentate spavaldamente dai suoi rappresentanti all'ONU, potrebbero diventare una consuetudine, un obbligo, al di fuori dei suoi territori.
Territori che magari si saranno anche allargati annettendo definitivamente Gaza e la Cisgiordania, ma che non so se basterebbero ad ospitare (e soprattutto "campare") i tanti milioni di ebrei che troverebbero improvvisamente poco ospitale il luogo dive vivono attualmente e impellente trovare rifugio nell'unico luogo rimasto al mondo in cui sini ancora graditi.
Un attesa che una Israele sozza di crimini contro l'umanità dopo tanto avere fatto la vittima, diventi tutta intera una nuova Gaza.
Gli ebrei - lo ripeto spesso - nel mondo sono 13 milioni.
I mussulmani DUE MILIARDI.
Ed è vero che Israele può contare sulla protezione di Zio Sam, ma le cose cambiano alla svelta in questo terzo millennio, ed essere i protetti degli Stati Uniti non è detto che rimanga per sempre un vantaggio Anzi.
La marea monta, ed esserne sommersi è solo questione di tempo.

FONTE:https://novaproject.quora.com/Sono-stati-loro-Sono-stati-gli-israeliani
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di Gianluca Napolitano
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