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Articolo 88

Avevano frequentato la scuola della Riforma Gentile, avevano vissuto gli anni del Fascismo e, a guerra finita, avevano avuto il compito di scrivere una nuova Carta Costituzionale per la ricostruenda Italia repubblicana. Erano gli uomini e le donne che una “…dura selezione” aveva portato in Parlamento ed erano quanto di meglio poteva esprimere il Paese, da poco nuovamente libero.
Con il passare del tempo è cresciuta la mia stima sull’operato dei padri costituenti.
Come noto, quella italiana è una Costituzione “rigida”, però è sempre possibile adeguarla ai tempi, con un intervento di modifica, per il quale occorre seguire una procedura particolare e, soprattutto, contare su maggioranze parlamentari qualificate.
Al Senato, poche settimane fa, l’attuale maggioranza di governo ha approvato una modifica all’articolo 88 della Costituzione repubblicana. Tale provvedimento dovrà, poi, essere approvato anche dalla Camera dei Deputati. Infine, perché la modifica divenga efficace e definitiva, è necessario che, tra alcuni mesi, entrambi i rami del Parlamento ratifichino quanto in precedenza deliberato.
Nelle democrazie moderne i poteri Legislativo, Esecutivo e Giudiziario sono separati ed autonomi.
Inoltre, nelle democrazie parlamentari è riservata grande attenzione alle regole ed ai bilanciamenti necessari per il buon funzionamento del Parlamento, al quale è attribuito il compito di legiferare.
L’articolo 88 recitava “Il Presidente della repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato”.
Pochi sono stati i mass-media che ne hanno dato la notizia e ancora meno quelli che hanno lasciato spazio a quanti desideravano commentare l’accaduto. Eppure una modifica della Costituzione richiederebbe maggiore rispetto ed attenzione.
Nella sostanza: il ruolo, assegnato al “presidente della Repubblica”, sarà attribuito al “presidente del Consiglio dei Ministri”. Si profila, pertanto, una nuova ed oscura concentrazione di potere nella persona del presidente del Consiglio che diventa premier. È un grave colpo al ruolo ed al prestigio del presidente della Repubblica, figura istituzionale - con funzioni bene individuate - scelta liberamente dai parlamentari e tale che deve riscuotere, al momento della nomina, ampi consensi.
In passato il presidente della Repubblica sarebbe potuto intervenire se la Camera od il Senato, per una qualche (eccezionale) ragione, non avesse operato correttamente.
In futuro, Se la Camera od il Senato, in qualche modo, fossero di impaccio al decisionismo del premier questi potrebbe, in qualsiasi istante, usare la spada di Damocle con il porre fine alla legislatura.
Pertanto, secondo me, sia chi ha fiducia nei regimi assembleari, nelle articolazioni dei massimi poteri, nel pluralismo, sia chi vede nelle aule parlamentari il luogo di potere (nel quale il confronto e le decisioni si manifestano alla luce del sole, portando alla costruzione di una decisione politica) può iniziare a preoccuparsi.


Mario Paganini
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