Mentre il ministero della Verità orwelliano si occupa di cancellare le prove della radice nazista del battaglione Azov e il ministero della Propaganda continua a insinuare la responsabilità dei russi per le morti dei civili, stamani a Donetsk, un missile ucraino Točka ha sorvolato la città ed è stato intercettato in volo dal sistema di difesa.
La porzione di razzo contenente la testata esplosiva è rimasta però intatta e, cadendo al suolo, ha colpito una fila di persone in coda davanti a un bancomat, causando almeno 23 morti fra i civili e 28 feriti, tra cui si contano anche bambini. L'utilizzo del complesso missilistico Točka-U a Donetsk è stato autorizzato dal comando militare supremo ucraino, afferma la Difesa russa. Denis Pushilin, a capo della Repubblica di Donetsk, ha sottolineato che le forze armate ucraine hanno deliberatamente colpito una zona residenziale durante il giorno per mietere più vittime: "Un barbaro, mostruoso crimine di guerra del regime ucraino", ha definito l’attacco ucraino.
A parole le autorità ucraine continuano a chiedere la pace ma nei negoziati di pace in videoconferenza, Kiev, tramite il consigliere di Zelensky, avrebbe imposto un immediato cessate il fuoco e il ritiro dell’esercito russo prima di intavolare una qualsiasi trattativa.
Mosca, d’altra parte, avrebbe invece chiesto agli ucraini di accettare le condizioni (neutralizzazione, disarmo, perdita di Crimea, Donetsk e Lugansk) facendo presente che in caso di rifiuto perderanno l’intero sud del Paese.
A descrivere bene la situazione ci pensa il ministro degli Esteri ucraino, Dmitro Kuleba, che punta all'eliminazione di Vladimir Putin:
“Credo che questa guerra sia una decisione del presidente Putin. Credo che l'eliminazione del presidente Putin sarà sufficiente per fermare la guerra.
Ma il ripristino della sicurezza nello spazio euro-atlantico richiede non solo la rimozione di Putin, ma anche la "deputinizzazione" della stessa Russia." Siamo dunque di fronte al solito manuale che organizza la “sovversione” di tutti i paesi “altri” rispetto all’America e all’Europa, esterni al “consensus washingtoniano”. Il metodo è già stato accuratamente preparato, e ripetutamente sperimentato, con Gheddafi come con Bashar al-Assad. Dove sta la differenza? Sta nel fatto che, fino al febbraio 2014, si erano abbattuti, con il manuale di Gene Sharp, i “dittatori violenti e sanguinari”, i regimi dei “paesi canaglia”. Adesso si fa di più e di meglio. Con gli stessi metodi si abbatte un governo e un presidente legittimamente eletti da un popolo. E milioni di cittadini dell’Occidente intero leggono – e credono – che l’aggressore è stato Vladimir Putin, il dittatore di turno da abbattere.
Ed è tutto così facile che Nancy Pelosi arriva addirittura a spiegare tranquillamente ai cittadini americani che il prezzo della benzina cresce a causa della "tassa di Putin".
Solo Erdogan, un altro dittatore, dice chiaramente che è inaccettabile l'atteggiamento "fascista" verso i russi in Europa. Dice che episodi come licenziare i direttori d' orchestra o censurare Dostoevskij ricordano la calata del mongolo Hulagu Khan su Baghdad. Forse Erdogan non ha molto di cui vantarsi, ma la storia, a volte, se la ricorda, diversamente dal Vecchio Continente, oramai alla fine dei suoi giorni, tra armi da vendere e sanzioni da appioppare ad altri, per colpire il proprio popolo. E’ lo scontro tra due civiltà, in cui una, quella dell’ex Impero di Washington e dei suoi vassalli, è già decaduta.
E in questo scontro, la NATO ha deciso d’inviare 50 navi da guerra ai confini russi. Circa 30mila soldati, 200 aerei e 50 navi provenienti da 27 paesi prenderanno parte all'esercitazione Cold Response 2022, la più grande esercitazione che coinvolgerà le truppe della NATO quest'anno. Le manovre, iniziate oggi, consentiranno ai Paesi occidentali di affinare le proprie abilità di combattimento nel clima freddo della Norvegia, compreso l'Artico, a terra, in mare e nel cielo. Le esercitazioni si svolgeranno a poche centinaia di chilometri dal confine russo.
Eppure la Russia non chiederà agli Stati Uniti e all'Europa di revocare le sanzioni, la pressione dell'Occidente non cambierà la posizione di Mosca. A dichiararlo è fermamente il ministero degli Esteri moscovita.
Mentre le quotazioni di petrolio, gas e altre materie prime in Europa volano, Mosca ha infatti dichiarato di volere usare lo yuan cinese come riserva valutaria. Un’iniziativa accolta anche dall’India che starebbe pensando a un meccanismo di regolazione commerciale rupie-rubli per le transazioni del petrolio russo. L'India importa un grosso volume di merci dalla Russia, in particolare nel campo dell'energia nucleare e dell'industria della difesa, ed esporta nella Russia prodotti agricoli, medicinali, beni di consumo. L'India è il terzo importatore di petrolio al mondo e sta ora valutando la possibilità di acquistare petrolio russo a prezzi scontati. Negli Stati Uniti e in Europa invece è record dei prezzi dei fertilizzanti. I rincari dei prodotti alimentari nei supermercati dei cittadini sono cosa certa e non più rinviabile.
Nel frattempo, il World Economic Forum ha interrotto “tutte le relazioni” con il governo russo e Vladimir Putin. Per il filosofo russo, Aleksandr Dugin, il piano sembra così svelarsi: “Mentre la popolazione stessa è stata trasformata in zombie dalla propaganda nazi-liberale, la vera guerra, scrive Dugin, non è con l’Ucraina, ma con il World Economic Forum e i suoi piani infernali del Grande Reset, volti allo sterminio dell’umanità".
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