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  IL TACCUINO DI MARIO  
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Talenti nostri

Dal 12 al 20 marzo, al Centro Sociale Ca’ Vecchia di Voltana, ha avuto luogo un momento di festa per i 10 anni di “Voltana in Mostra”. Il modo migliore per festeggiare l’evento è stato celebrarlo con i giovani artisti locali che, in questo arco di tempo, hanno ottenuto i più alti riconoscimenti, riuscendo anche ad affermarsi in manifestazioni di rilevanza nazionale. Con il Comitato organizzativo, nella sala sapientemente illuminata dalle luci di Anna Bravi, erano presenti questi artisti prescelti (dei quali siamo, come comunità, particolarmente orgogliosi): Maria Rita Eusepi, pittrice e ceramista, e Andrea e Mauro Hafsi mosaicisti. Andrea e Mauro, sono voltanesi da sempre e sono figli d’arte (La madre, Adriana Morelli, è insegnante all’Istituto per il mosaico di Ravenna). Maria Rita, invece, è diventata voltanese per scelta.
L’arte, quando è tale, parla all’uomo (che sa od è disposto ad ascoltarla). Gli ottimi lavori proposti da Maria Rita, da Andrea e da Mauro ci “parlano” e ci dànno testimonianza della continua ricerca operata da questi giovani per il bello, il funzionale, il ben riuscito.
Platone (nel Fedro) considera l’incontro con la bellezza come quella scossa emotiva che fa uscire l’uomo da se stesso, lo “entusiasma”, attirandolo verso altro da sé. L’uomo, per Platone, ha perso la perfezione dell’origine. Ora l’uomo è perennemente alla ricerca della forma primigenia risanatrice. Ricordo e nostalgia lo inducono alla ricerca e la bellezza lo strappa fuori dall’accomodamento del quotidiano. La “bellezza”, quindi, è inesorabile nostalgia dell’uomo per la verità, la giustizia e il bene, cioè nostalgia di un Assoluto. L’uomo, stando nell’orizzonte di una Mente ordinatrice, riesce a superare i limiti del suo sapere e del suo potere; tutta la sua esistenza si rinnova nella concretezza e nella quotidianità della storia.
Secoli dopo Kant (nella Critica del giudizio) porta un ulteriore rilevante contributo: il “bello” si riferisce ad un oggetto di forma limitata, il “sublime”, invece, si riferisce ad un oggetto di forma illimitata, pur rappresentabile nella totalità o nella grandezza o nella potenza. Il “bello” produce un sentimento di esaltazione della vita. Il “sublime” produce un sentimento di esaltazione dopo una depressione delle energie vitali. Di conseguenza: il bello esprime l’armonico accordo fra l’immaginazione e l’intelletto; il sublime, invece, esprime il contrasto fra l’immaginazione, che non riesce ad abbracciare l’illimitata grandezza e potenza della natura nella sua totalità, e la ragione capace, invece, di superare ogni grandezza e di dominare la potenza della natura nell’idea dell’infinito soprasensibile che le è propria. In questo contrasto l’uomo acquista consapevolezza del proprio valore e del proprio destino, come essere spirituale libero da ogni vincolo o impedimento naturale.
Le due citazioni sono riportate per rammentare come la bellezza conviva con il dolore e come l’azione sia sempre inadeguata rispetto al pensiero. È la difficile strada data in sorte agli artisti (ma non solo a loro) di ogni tempo: destreggiarsi tra sensibilità diverse, far tacere le esigenze soggettive del quotidiano per poter essere massimamente ricettivi e pronti al gesto creativo, così da riuscire ad aggiungere all’esistente una tessera nuova, significativamente migliore.
Maria Rita Eusepi continua a stupirci per la sua natura poliedrica. Abile pittrice dimostra non comuni capacità scultoree. I pennelli e la ceramica sono docili strumenti per opere che, con garbo femminile, suggeriscono, ma non urlano o affrontano argomenti diversi. Le sue ceramiche - sia a tutto tondo sia su pannelli - “parlano” dell’uomo, della vita, dei sentimenti, della Storia. Nei suoi quadri, invece, cogliamo un inno alla natura, all’esistenza, alla forza degli elementi.
Dalle sue opere traspare un raggiunto stile personale, perché affronta temi che le stanno particolarmente a cuore, simili o contigui, riuscendo, però, ad essere sempre nuova. Spronata da una forza interiore, vitale ed intensa, trasferisce, con grande originalità, nei suoi lavori le emozioni che l’hanno ispirata. Inoltre chi, in questi anni, ha avuto modo di seguire Maria Rita nel suo percorso artistico ha certamente notato come la ricca gamma di tonalità e cromatismi delle ceramiche abbia contaminato i quadri: infatti nei suoi dipinti ad olio sono comparsi, per la prima volta, i colori azzurro, blu e viola. Incurante delle tendenze, le sue tele ora propongono degli orizzonti. Sono, talvolta, veri e propri inni ad albe di buon auspicio od a crepuscoli lievi. Sono semplici e leggiadri spiragli di luce. Sono il fascino delle luci nella notte. Sono il bisogno inconscio di rassicuranti e ricercate trasparenze celesti.
Per Andrea Hafsi la critica ha evidenziato che “… realizza opere dalla sapiente composizione figurativa. Sintesi e ritmo sono alla base delle realizzazioni dell’artista, che opera anche sulla base cromatica e materica. Si aprono, così, scintillanti teatrini di forme in cui la materia si unisce ad una perfetta sintesi con la forma”. Le cornici di Andrea Hafsi sono realizzate con tessere di materiali pregiati e particolari, distribuite con tecniche di posizionamento ora antiche ora nuove su trame immaginarie che conferiscono un’esclusività di stile e di qualità alle opere. L’originalità dei temi trattati e la sofisticatezza degli accostamenti di colore, unitamente ad una cura particolare dei dettagli, fanno dei lavori di Andrea Hafsi oggetti pregiati da esibire e, potendo, anche da collezionare.
Il Prof. Michele Tosi ha scritto, sulle lampade di Mauro Hafsi: “Un tempo qualcuno disse che era destino dell’uomo riflettere le eclissi di sole nell’acqua di un bacile, L’uomo ha, da sempre, aspirato ad interpretare, a tradurre l’incomprensibile, pur con la limitatezza dei suoi mezzi a disposizione. Con le sue lampade Mauro Hafsi ha cercato di ammaestrare la luce, di darle corpo, di catturarne il senso nella trasparenza delle tessere. Nella scelta e nell’uso dei materiali Hafsi rivela una sicura conoscenza degli stessi, come quando impiega l’alluminio, che è sempre stato molto utilizzato per le sue caratteristiche di versatilità e di economicità, rivalutandone le qualità estetiche, inserendolo come superficie dialogante con quella vetrosa delle tessere, creando con essa due schermi riflettenti, che interagiscono con la luce in modi tra loro diversi”. Il critico Tosi ci sottolinea come “l’alluminio viene, inoltre, trattato con segni a vista del flessibile, che determinano su di esso un movimento lineare che, se da un punto di vista si connota come elemento decorativo, d’altra parte suggerisce ineffabili percorsi di luce”. Pertanto “la luce delle lampade di Mauro Hafsi è sempre vibrante, sussurrante, intimistica, percorsa da una consistenza metafisica che si trasmette agli ambienti. Sono lavori che operano nell’intimo di chi li osserva, attraverso le nostalgie profonde dei colori. Sono vetri e smalti con cromie che vanno dagli aranci agli azzurri o ai rossi che smorzano la forte luminosità e la filtrano nell’evanescenza dei sospiri”.


Mario Paganini
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