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“Tessere” di Elisa Simoni

Ci sono voluti cinque lunghissimi anni di esperimenti e prove su diversi tipi di supporti fino a quando Elisa è riuscita, finalmente, a trasferire nel mosaico i suoi lavori di rivisitazione storica e critica. Tra i primi che li hanno potuti ammirare i voltanesi, ai quali sono stati proposti, dal 17 al 24 marzo, nel Centro Sociale “Ca’ Vecchia”.
L’uso di materiali diversi ha permesso ad Elisa Simoni di sopperire alle difficoltà conseguenti la realizzazione di alcune forme. Nella sua arte si percepisce subito una interazione tra la sperimentazione di varie tecniche e la sperimentazione di materiali diversi, così da giungere alla completa libertà di ideazione, nella ricerca di nuove soluzioni di insieme. Pertanto i pezzi della sua produzione sono molto eterogenei tra loro, sia come atmosfera sia come tecnica di esecuzione. Infatti la sperimentazione, anche tecnica, si rende necessaria allorquando si vogliono o si devono usare tra loro materiali diversi, come: metalli, pietre, legno, asfalto e vetri. Sono i materiali stessi, a volte, a suggerire, tramite la propria composizione, la tecnica e la soluzione ideale per raggiungere l’esito finale. Spesso risulta piuttosto difficoltoso il controllo delle finiture, che è diverso per ogni tipo di materiale. In alcuni lavori, ad esempio, sono privilegiate le ossidazioni e le patinature in controcampo a superfici lucide. Pertanto si rende allora necessaria una supervisione dei materiali in tempi diversi, sia prima sia dopo l’assemblaggio. Talvolta i materiali pongono limiti ben precisi nella realizzazione di un oggetto, anche senza tener conto dell’effettiva validità d’uso (lo “specchio”) che deve avere una volta completato. La ricerca di Elisa punta, quindi, ad uno studio accurato della linea senza abbandoni a innovazioni formali, che spesso risultano gratuite e che snaturano il significato stesso dell’oggetto. La sua ricerca, poi, in alcune opere recenti non si limita alla sola lavorazione, ma anche alla materia. Nel lavoro svolto Elisa si pone domande sulla sopravvivenza dei materiali in due vie logiche. Una di queste, forse la più evidente, riguarda l’unione delle diverse materie. E’ un tentativo di rendere possibile una unione concreta di materiali che visivamente e concettualmente sono inconciliabili. I materiali, come la terracotta, il metallo, il legno, l’asfalto, il vetro, posseggono connotazioni molto forti ed una loro propria vita e per questi motivi sono scelti, oltre al fatto di essere immediatamente riconducibili all’elemento naturale. La seconda via logica riguarda il materiale e le sue modificazioni nel tempo, con il fascino che le variazioni delle opere possono subire nell’arco degli anni, osservando le ossidazioni e le metamorfosi. Per la Simoni “rivedere, dopo un periodo di tempo sufficientemente ampio da permettere alla materia di modificarsi, è riscoprire un oggetto che vive nel suo invecchiamento”.
Da una non comune conoscenza della mitologia e della letteratura epica l’autrice trae spunto e pretesto per titolare alcune opere a divinità e ad eroi Greci o Romani.
Interessanti i lavori proposti su carta che puntano alla reinterpretazione di linee classiche attraverso l’impiego di tecniche elementari. Tali lavori non si limitano alla mera realizzazione, ma si accoppiano al progetto ed al design. Un’idea della mente, un’immagine che l’ha colpita, una emozione provata prendono vita nella carta attraverso tratti puliti, linee essenziali e l’uso prevalente del colore nero su fondo chiaro. Il metodo di lavoro non è un segreto: “Un continuo confronto con l’esperienza di professionisti e maestri del nostro tempo come, Piero Gilardi, l’assimilazione, la sedimentazione e la rivisitazione di quanto appreso e delle sensazioni percepite”. Ecco il quotidiano lavoro che caratterizza le realizzazioni della Simoni che afferma: “Le mie creazioni sono per me qualche cosa di più che degli oggetti. Rappresentano il tempo ed i pensieri dei giorni, poi diventano un riferimento per il domani. Per le mie creazioni voglio che si senta il desiderio forte di scegliere un oggetto che ha bisogno di essere amato, del quale prendersi cura così da esserne riamati. E’ una autogratificazione della quale mi rendo conto per intuirne ed apprezzarne l’utilità”.
Elisa Simoni è convinta che gli ornamenti siano comunicativi. Con coerenza, durante la realizzazione del Monumento Fontana a Miramare di Rimini, lei, con altri, ha coinvolto il pubblico nella realizzazione dell’opera. Ognuno poteva suggerire e motivare l’aggiunta di una “tessera” all’opera che si stava innalzando. Una sorta di collaborazione e/o convivenza tra l’applicazione di quanto appreso, in studi rigorosi e formali per la valorizzazione dei materiali utilizzati in associazione tra loro, e quanto comportava come conseguenza, un intervento casuale (aspetto divertente e giocoso) nella prosecuzione ed ultimazione dell’opera. Il Monumento Fontana è, così, diventato il frutto di una complicità tra innovazione e tradizione, due realtà che si accarezzano pur essendo poli di un diverso esistere.
In concomitanza della mostra Elisa Simoni ha brillantemente concluso, all’università di Bologna, un iter scolastico ricco di soddisfazioni. Sappiamo che le opere vivono anche del titolo, anzi talvolta il titolo è parte dell’opera. Accanto a lavori delicati (es.: una piccola deliziosa casa degna di un libro di fiabe) o impegnativi (es.: una rappresentazione di onde modernissima e, al tempo stesso, tradizionale) o preziosi (nel senso grezzo del termine: Elisa usa anche tessere d’oro) facevano bella mostra di sé piccole pergamene con brevi testi. Sono annotazioni che la Simoni ha raccolte ed ha proposto all’attenzione del visitatore. Costituiscono un’occasione di crescita culturale, un momento per una riflessione ed una ricchezza per lo spirito. Meritano di essere ricordate perché certamente non effimere. Ne riporto alcune che mi sono sembrate particolarmente significative ed utili a comprendere cosa sia l’arte e cosa debba fare l’artista.
“L’arte è fatta per decorare la vita degli uomini” (H. Matisse)
“L’opera è opera d’arte se qualcuno, sfiorandola con lo sguardo, si ferma” (P. Valery)
“L’arte non rappresenta il visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è” (P. Klee)
“Nell’opera d’arte, particolari veristici (dirò così), non sono altro che il punto di contatto, il ponte che l’artista mette tra la sua idea ed il mondo” (U. Boccioni)
“Un’opera d’arte giusta deve essere come una grande improvvisazione, cioè ...mediazione, costruzione, composizione preliminare e non solo uno stadio in funzione di un fine, perché il fine deve risultare inaspettato all’artista stesso” (W. Kandisky)
“Ogni cosa è un urlo creativo, una danza sotto il sole” (Le Corbusier)
“E’ un’opera che non finisce perché nata per essere modificata continuamente da ognuno, da chi aggiunge o toglie qualcosa; per questo il particolare diventa interessante, perché è un pezzo di ognuno che racconta sé in relazione con il tutto, che si ritrova quando meno te l’aspetti”
“Religiosa osservazione del particolare ... serena glorificazione che, da un insieme grandioso e dolce penetra sino alla tenue intimità del particolare più umile” (U. Boccioni)
“Raffigurate le vostre tristezze, nostalgie, i pensieri passeggeri e la fede in qualche bellezza, raffigurate tutto questo con intima, tranquilla, umile sincerità e usate, per esprimervi, le cose che vi circondano, le immagini dei vostri sogni e gli oggetti della vostra memoria. Se la vostra vita quotidiana vi sembra povera, non accusate; accusate voi stessi, che non siete abbastanza poeti da evocarne la ricchezza” (R.M. Rilke)
“Arte non congelata in un oggetto codificato, ma dentro la vita (P. Gilardi)
“Perché non concepire come opera d’arte l’esecuzione di un’opera d’arte?” (P. Varery)
“Non so se sono artista e che cosa vuol dire esserlo: forse lo decide la gente, forse la critica, forse nessuno ... forse io”
“Senza divertimento non c’è arte, c’è lavoro” (G. Gori)
“Essendo libertà da ogni obbligo, l’arte è gioco; il gioco contraddice alla serietà dell’agire utilitaristico, ma poiché la libertà è il supremo dei valori, soltanto giocando si è veramente seri”(G. C. Argan)
“Forse che lo scopo più profondo di ogni arte si riduce infine a riconoscere in cosa esattamente consista, a distinguerla da ciò che arte non è ... , ma, quando in un artista questo pensiero diventa onnipresente e onnipotente, lo conduce per le vie della perfezione, lo incatena a un desiderio che genera una pazienza infinita, gli suggerisce il sacrificio di ciò che può e che vuole, ... e lo dispone a sentire all’infinito che la sua opera è ancora incompiuta. Il lavoro diventa, allora, il suo scopo” (R.M. Rilke)


Mario Paganini
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