I referendum del 21 maggio sono cosa passata; tutto è finito come era facile prevedere finisse, considerati i suggerimenti formulati dai leader politici, sindacali e dai cosiddetti opinion maker.
Ora si impongono alcune considerazioni, perché l’esperienza fatta non risulti del tutto sterile.
In primo luogo il referendum deve cessare di essere un inutile dispendio di risorse comuni altrimenti destinabili.
Riflettiamo sulla storia recente.
Sapendo che a Tizio sta a cuore l’argomento A, che a Caio sta a cuore l’argomento B, che a Sempronio sta a cuore l’argomento C é facile, per i soliti maneggioni, organizzare tanti tavoli per raccogliere delle firme. Poiché una firma non costa nulla, continuando nell’esempio, Tizio, cui sta a cuore l’argomento A, volentieri contraccambierà l’impegno profuso dai soliti maneggioni sottoscrivendo anche gli argomenti B e C. Stesso comportamento sarà tenuto da Caio e da Sempronio. Come l’esperienza di questi ultimi tempi ci ha dimostrato, una ventina di argomenti rende più facile la raccolta delle firme necessarie per promuovere altrettanti referendum.
Io non nego il diritto riconosciuto legittimamente a migliaia di italiani di convocare e sentire su determinati argomenti tutti gli abitanti del Paese, ma trovo discutibile che ciò avvenga (ed ultimamente è la regola) inutilmente.
Ecco, allora, la mia idea. Parte dei costi organizzativi, che un referendum comporta, deve gravare sia sui proponenti il quesito sia sui parlamentari. Spiego come e perché. Chi sottoscrive un referendum dovrebbe versare una quota simbolica, ad esempio, 10 mila lire. In tal modo i promotori del referendum potranno riversare allo Stato un piccolo rimborso. Inoltre chi firma compirebbe tale gesto con la dovuta necessaria ponderazione. Poi, per stimolare i Parlamentari ad una maggiore attenzione e sensibilità alla volontà popolare, si dovrebbe applicare una trattenuta (anch’essa quasi simbolica) sull’indennità da Loro percepita, se non riescono a trovare una sollecita soluzione legislativa all’argomento posto con forza da una parte rilevante dell’elettorato. Chi non sa organizzarsi e, chiamato a servire tutti, dimostra di essere impari al ruolo che dovrebbe assolvere, non merita l’intero compenso.
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