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  IL TACCUINO DI MARIO  
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Quando la logica diventa illogica.

Mi sembra di cogliere perfino una nota di orgoglio, nell'affermazione di una persona, addetta alle politiche di gestione del personale, quando proferisce un icastico: "Nella nostra azienda, quando ad un dipendente cambiamo la mansione, abbassiamo il giudizio complessivo!"
Bisogna sapere che, in quella, come in altre aziende, quasi sempre non è il dipendente che chiede di essere assegnato ad un'altra mansione, ma è l'azienda che decide "se", "quando" e "chi" destinare ad un’altra mansione.
Evidentemente, per quell'azienda, il dipendente è un "oggetto".
Se, infatti, il dipendente fosse considerato una “persona”, io credo che, quella persona, dovrebbe – invece - essere incoraggiata, per il doversi sobbarcare l'onere di imparare una nuova mansione, spesso non attesa.
Invece, se il dipendente è un "oggetto" (?), allora (forse) è "giusto" (?) fargli “pesare” il tempo necessario per acquisire quelle competenze e quelle professionalità che ancora non possiede. Insomma, io, azienda, cambio a te, lavoratore, la mansione, poi, siccome tu non mi crei immediatamente un profitto, mi premuro di "fartela pagare”! Una situazione assai simile a quella che, ad altre latitudini ed altre situazione, dà origine all’espressione: “Cornuto e mazziato!”
Aggiungo qualche parola, per aiutare a comprendere meglio il fenomeno, anche a quanti non sono lavoratori dipendenti o, semplicemente, hanno una conoscenza sommaria del fenomeno.
Quello che ho chiamato “giudizio complessivo” è molto simile al “voto” o al “giudizio” attribuito ad uno studente.
Un buon voto o giudizio sono determinanti per ottenere una borsa di studio.
Similmente il “giudizio complessivo”, attribuito da una azienda, ha molteplici effetti e conseguenze per il lavoratore, quali ad esempio: ripercussioni economiche (con l’assegnazione di generosi “ad personam”, di prestigiosi “fringe benefit”, ecc.) e/o riflessi sugli avanzamenti di carriera, all’interno dell’azienda medesima.
Infine, come immaginabile, ripetuti “giudizi complessivi” negativi possono creare le premesse per un licenziamento.
Ma "nessuno nasce imparato!" e questa constatazione dovrebbe essere insegnata a quella persona, addetta alle politiche di gestione del personale, che, evidentemente, non conosce o non capisce.
Non oso chedere, ma il dubbio mi tormenta: se al dipendente fosse cambiata la mansione, con una frequenza elevata, e - assecondando la logica dichiarata imperante in quella azienda - ogni volta fosse abbassato il giudizio complessivo, dopo quante mutazioni della mansione un dipendente rischia il licenziamento?


di Mario Paganini
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