Fosse possibile ne farei volentieri a meno, ma – purtroppo - un resoconto dettagliato è una premessa necessaria. Ti auguro, quindi, una buona lettura e ...confido in un tuo suggerimento.
Il numero di telefono, attribuitomi da Tim Telecom, mi creava disagi. Apparteneva ad una attività commerciale. Pertanto, come facilmente immaginabile, ricevevo sovente delle telefonate da parte di “clienti” oppure ricevevo “offerte strepitose” per forniture di mercanzie.
Il 5 ottobre 2017 muore mia madre. La sua abitazione rimane vuota. Per oltre 47 anni ha avuto un numero, che ora era diventato disponibile.
Il personale che risponde al 187, “numero verde” di Tim Telecom, è cortese, ma le risposte che si ottengono fanno sorgere il dubbio che le difficoltà non siano una conseguenza della diversa lingua parlata (es. call-center in Romania), bensì derivanti dalla complessità o dalla scarsa conoscenza dei prodotti.
Per non parlare, poi, delle interminabili attese, sempre necessarie prima di raggiungere un operatore !
Apprendo che occorre fare la richiesta scritta, utilizzando un fax oppure una raccomandata e allegando fotocopia di un documento di identità.
È quello che faccio il 10 ottobre 2017.
Ricevo una lettera, datata 16 ottobre 2017, con la notizia che hanno provveduto. Posso “scaricare” e stamparmi il contratto, che reca anch’esso la data del 16 ottobre 2017
Bene.
Naturalmente mia madre novantenne non aveva bisogno di Internet... Altra trafila e altra mia richiesta cartacea. Il 23 ottobre scrivo, chiedo l’attivazione della cosiddetta “Fibra”; allego l’immancabile fotocopia del documento di identità ed inoltro.
Ha la data del 30 ottobre 2017 la comunicazione dell’attivazione del servizio. “Scarico” e stampo il contratto.
Anch’io, come tanti, ho avuto passate infelici ...esperienze telefoniche. Questo mi suggerisce alcune verifiche.
Il cavo telefonico è unico. Sono subentrato a mia madre. Ora ho il numero telefonico che da quasi mezzo secolo identifica la famiglia. Tutto bene o quasi. Manca una comunicazione che mi tranquillizzi sulla cessazione/estinzione/chiusura/disattivazione del precedente mio sgradito numero.
Telefonate, fax, raccomandate (allegando con scrupolo l’immancabile fotocopia del documento di identità) pare non abbiano effetto.
Mi torna un avviso di ricevimento, per una raccomandata, quella inviata il 27 ottobre 2017. Reca il logo Tim e la data del 3 novembre 2017.
Per informazione, se l’avviso di ricevimento (questo il nome della cartolina che accompagna la raccomandata fino alla sua destinazione) non giunge al mittente, le Poste Italiane forniscono, a richiesta, un documento di “tracciamento”, su quanto sia toccato in sorte alla predetta raccomandata.
Soddisfatto, per aver ottenuto un numero telefonico gradito e per la “Fibra”, pago regolarmente tutte le fatture che ricevo.
Il 3 aprile 2018 ricevuo una fattura e una cocente delusione, che suscita in me grande irritazione. Non ho pagato a sufficienza !
Sapevo di dover pagare un “costo per la disattivazione linea e servizio”, pari ad euro 35,18 (IVA inclusa), per il numero negletto e sgradito.
Sapevo, anche, di avere diritto alla restituzione del “rimborso anticipo coversazioni”, di euro 8,00 (fuori campo IVA).
La cocente delusione era dovuta alla richiesta, per il periodo “14 ottobre – 08 dicenbre 2017”, di complessivi euro 78,37(IVA inclusa), a fronte di “Offerte e servizi” per il numero telefonico dismesso.
Non sono un tecnico. Penso di essere una persona normale, di buon senso e razionale. Capisco, pertanto, che la “disattivazione” possa comportare un costo. Non capisco, invece, quali siano le ragioni fondanti un ulteriore onere per “Offerte e servizi” su un numero telefonico che, ripetutamente e in molti modi, ho dichiartato di non volere. E questo mentre già pago per le “Offerte e servizi” relativi all’unico numero che ora io possiedo !
Per inciso, rilevo la discreta velocità degli addetti Tim Telecom ad attivare i servizi: necessitano di pochi giorni.
Diversamente, nessun progresso, per la disattivazione, sempre: lenta, burocratica, capziosa, cavillosa, faragginosa. La richiesta va fatta in un certo modo, meglio se compilando un certo modulo, ecc. E, come emerge da questa cronistoria, rilevo che sono necessari mesi per addivenire ad una conclusione.
Chiesta ragione, sia quanto al ritardo con cui ho ricevuto quest’ultima richiesta, sia per gli euro 78,37(IVA inclusa) ho ricevuto, come risposta, un asciutto: “si legga il contratto !”.
Ed è quello che ho fatto.
Naturalmente il contratto consta di molte pagine, nelle quali sovrabbondano le frasi contorte o di non facile e univoca interpretazione.
Ho letto di un ambiguo riconoscimento, ad eseguire le disposizioni ricevute da un utente, “entro 30 giorni”.
Questa discrezionalità comporta, in capo al fornitore del servizio telefonico (sia esso l’ex monopolista Tim Telecom, sia esso un appartenente al “cartello”), la tentazione di non migliorare la qualità dell’offerta, di non diventare più efficiente, agile, celere. L’esistenza di una simile norma (“entro 30 giorni”), infatti, offre l’occasione per lucrare. L’utente deve corrispondere “un quid” a fronte di un servizio, lasciatogli a disposizione anche se all’utente medesimo non è più gradito, anche se l’utente lo ha disdettato, anche se l’utente ne ha chiesto la revoca. Ed anche quando l’utente è nell’impossibilità di fruirne (perchè morto, o perchè sul solo cavo che entra nella sua abitazione veicolano altre “offerte e servizi” telefonci).
Ed ora, caro lettore, vorrei conoscere il tuo parere.
Tu avrai notato, di certo, che se anche la decorrenza fosse (eventualmente) dal 3 novembre 2017, fino all’8 dicembre 2017 ci sono più di “30 giorni”...
Avresti il coraggio di intraprendere una vertenza ?
A mio parere siamo di fronte ad uno dei tanti episodi di pratiche commerciali quanto mai discutibili...
Seguimi, così ti aggiorno quanto agli sviluppi della vicenda
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