Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha una singolare prerogativa: quella di non rispettare le regole stabilite dalla medesima Organizzazione delle Nazioni Unite. All’interno del Consiglio di Sicurezza, infatti, i Permanent members five (U.S.A., Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia) hanno, ciascuno, la possibilità di esercitare il cosiddetto “diritto di veto” sulle deliberazioni e questo “diritto di veto” si è rivelato un elemento di potere fortissimo. L’Onu è, attualmente, sotto il tallone del Consiglio di Sicurezza ed il Consiglio di Sicurezza è dominato dagli U.S.A.
L’art. 43 della Carta dell’Onu, tuttora inadempiuto, obbliga tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a mettere a disposizione, in via permanente, parte delle forze armate di aria, di terra e di mare, per i fini e secondo i principi stabiliti dalla Carta Onu. Ora i fini sono chiari, così come i principi: questo “esercito” delle Nazioni Unite non può essere usato per fare la guerra. La guerra è proscritta inequivocabilmente dalla Carta dell’Onu. Questa forza dell’Onu può fare azioni di sostegno alle sanzioni e ad altri provvedimenti, ma non può essere esercitata per distruggere popolazioni civili o territori. Il militare, insomma, può essere usato solo a scopo di polizia internazionale. L’azione di polizia va esercitata per fini rigorosamente predeterminati e sempre sotto il comando di una autorità superiore, obiettiva e imparziale, che deve far sì che quell’azione rimanga entro i limiti prestabiliti e nell’osservanza della legge. L’azione di guerra fuoriesce da questa geometria istituzionale perché fa parte di un processo di distruzione, non prevedibile anticipatamente e non controllabile dalla legge.
Attualmente accade che, non disponendo l’Onu di questa forza di pubblica sicurezza internazionale, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza si consultino tra loro e, in nome dell’Organizzazione, esercitino la forza per gli obiettivi che gli Usa e la loro longa manus, la Gran Bretagna, stabiliscono. Per non allarmare troppo l’opinione pubblica, poi, il …duo si fa dare una qualche legittimazione dal Consiglio di Sicurezza nel suo insieme, quindi dalla maggioranza degli altri 10 membri non permanenti, sovente deboli di fronte a lusinghe od a minacce economiche.
Dopo 50 anni occorre tentare di dare attuazione all’art.43 e conferire parte delle proprie forze armate all’Onu.
Se l’Italia prendesse questo tipo di iniziativa sarebbe seguita da molti altri Paesi e non soltanto dai più piccoli.
Inoltre una simile scelta sarebbe anche un segnale straordinario per un diverso modo di intendere la politica internazionale. Immaginabile il valore, non solo simbolico, se i contributi finanziari, conferiti dai singoli Stati alle Nazioni Unite, fossero assegnati attingendo ai bilanci dei Ministeri della Difesa e non ai bilanci dei Ministeri degli Esteri.
L’Onu è l’embrione naturale di un governo mondiale da intendersi non come un super Stato centralista, ma come una struttura d’autorità, fortemente articolata e coordinata per poter decidere e programmare in campo economico e sociale.
Questo 1999 si può caratterizzare con una prospettiva che è anche una sfida al modo di operare dei tanti politici di mestiere nostrani: saper adempiere al dovere del progetto, saper pensare al nuovo per offrire a tutti un futuro più umano.
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