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Io sto con Roberto Mancini. Con Renzi assolutamente NO !

Quando la Costituzione è stravolta, tutto il peggio diventa possibile. Dovremmo ricordarcene per tempo, oggi in Italia, e reagire velocemente per fermare un progetto pericoloso. Mi riferisco alla manovra ad incastro messa in atto dal governo Renzi, che punta sull-effetto congiunto da un lato della riforma elettorale e dall-altro della modifica di un terzo della Costituzione. Chi desidera un-‘altreconomia’ sa che essa realizza lo spirito della Costituzione e i suoi articoli fondamentali, quindi ha una ragione in più per ribellarsi a quanto sta accadendo.
Il Partito che fu Democratico sta demolendo i pilastri dell-ordine costituzionale in Italia. È un cambiamento strutturale, tanto decisivo quanto rovinoso, ma – come tante altre scelte ed azioni inaccettabili da almeno trent’anni – sta passando agli occhi dell’opinione pubblica come se neiente fosse. Per questo è necessario capire che cosa c’è in gioco e considerare attentamente i termini di quello che sta accadendo per giungere a formulare un chiaro giudizio etico e politico. Una volta giudicata questa pessima “riforma” per quello che è in realtà, è urgente sollevare un forte conflitto democratico e nonviolento per scongiurare un disegno politico dissennato.
La storia con sui si vorrebbe legittimare la sua manomissione, come è scontato almeno dai tempi di Bettino Craxi ad oggi, è fornita dalla tesi che insiste sull’esigenza di garantire la governabilità. Una tesi simile, anche se fosse sostenuta in buona fede, è plausibile solo per chi ha una scarsa dimestichezza con la memoria storica: l’Italia è stata governata, per larga parte della sua storia, da personaggi come Mussolini, Andreotti, Craxi, Berlusconi e ora Renzi. Il nostro è il Paese nel quale la delega di tutto il potere nelle mani del Capo è un’abitudine tenace, che si perpetua sotto ogni bandiera. Siamo carenti non certo di tendenze all’accentramento del potere, bensì di capacità di svolgere la sua gestione pluralistica e democratica sulla base di un’effettiva rappresentantività popolare. Invece la prepotenza di Renzi & soci cancella il valore della rappresentatività.
La “riforma” toglie di mezzo il bilanciamento dei poteri e il ruolo di controllo delle opposizioni. I Senatori non saranno eletti dal popolo, ma dai Consiglieri Regionali. Il progetto di nuova legge elettorale prevede un premio di maggioranza eccessivo alla lista più votata e stabilisce liste bloccate con lo strapotere delle segreterie di partito a scapito della partecipazione e di un minimo di scelta da parte dei cittadini. Così l’intera guida del Governo sarà attribuita a un partito dominante, che potrebbe fare a meno di una coalizione. In poche parole: tutto il potere ad un partito solo, e poi nel partito tutto il potere ad un uomo solo. Nelle modifiche al testo costituzionale i diritti delle minoranze, nei lavori parlamentari, non sono specificati ma demandati ai regolamenti delle Camere, che ovviamente saranno plasmati a immagine della maggioranza. Nel contempo viene quasi eliminato il ruolo delle Commissioni parlamentari, essenziali per il processo di definizione delle leggi, tranne che per alcune materie essenziali.
Di fronte a questa sfrontata strategia di concentrazione del potere che cosa la la “sinistra” interna del PD? Continua a fare la figura di una minoranza complementare all’egemonia del capo: troppo opportunistica per rompere effettivamente con lui, troppo miope per riconoscere che un partito democratico ormai non è più, troppo pavida per cercare di costruire una forza politica migliore altrove e altrimenti. Per descrivere che cosa faccia questa “sinistra” rende bene l’idea un verso della canzone Don Raffaè di Fabrizio de André: “Si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna, con gran dignità”. Come l’attuale Unione Europea usa abusivamente il nome dell’Europa, così il Partito Democratico abusa di un nome che tradisce ogni giorno. E se partiti realmente democratizzati sono soggetti indispendsabili per la vita pubblica di un Paese, un partito che stravolge la Costituzione, preferendo elevare la pura ambizione del capo a progetto politico, diventa invece una forza nociva. Una forza che va sconfitta con gli strumenti della democrazia, costruendo un’alternativa nel tipo di persone, nella coscienza etica collettiva e nel tipo di progetto di società che ci si impegna ad attuare. Grazie a questi fattori potranno nascere, come in Grecia e in Spagna, forze politiche adatte a servire la democrazia invece che a seppellirla.


Articolo di Roberto Mancini. Pubblicato sul n. 169 di Altreconomia 2015
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