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  IL TACCUINO DI MARIO  
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Non lasciare senza segnale il cellulare

Quanto tempo era passato? Forse trent’anni... Erano gli anni dell’Università. Non gli era mai stato simpatico. Spigliato con le donne. Brillante negli studi. Lo avevano soprannominato Genius. Un nome che era anche tutto un programma! Ebbene, ora il futuro di Genius era nelle sue mani. Lui, invece, aveva interrotto gli studi perché ... lo studiare con profitto non era fatto per lui. Nonostante l’impegno profuso e la buona volontà l’elenco degli esami da superare non si riduceva. Gli anni, invece, scorrevano impietosi. Aveva abbandonato l’università, ma - prima di lasciare - aveva fatto una piccola indagine. Qualcuno, infatti, aveva modificato poche lettere nel suo cognome e questo era diventato ora “Tardini” ora “Tardelli”. Solamente a lui non era evidente il motivo. Tutti gli altri, invece, avevano percepito qualche cosa ed avevano - immediatamente - iniziato a chiamarlo ora “Tardini” ora “Tardelli”. Beh, neanche a dirlo, la sua piccola indagine approdò ad un risultato non troppo sorprendente: quel soprannome gli era stato affibbiato proprio da quel “simpaticone” di Genius!
Tardini o Tardelli (o come vogliamo chiamarlo) si era dato alla politica. La sua adesione al Partito dell’Orgoglio e dell’Ortodossia Nazionale, sin dalla sua costituzione, gli aveva portato fortuna. Più il Partito dell’Orgoglio e dell’Ortodossia Nazionale cresceva di importanza, fino a diventare presto determinante per la governabilità del Paese, e più Tardini Tardelli saliva nella scala sociale. Un giorno ebbe anche una “dritta”. Per il bene del Paese, accanto alla Magistratura Ordinaria di carriera veniva creata una Magistratura elettiva o, come si diceva allora, “speciale” aggiungendo subito “fatta e voluta dal popolo e per il popolo”. Tardini Tardelli fece un rapido corso per corrispondenza, concluso il quale ricevette - dall’Accademia della Conoscenza - il titolo di “Saggio”. Inutile dire che il Partito si mobilitò e Tardini Tardelli diventò, in quel Paese, il “Primo Saggio” nella Circoscrizione numero 32 del Nord-Est.
La Legge è fatta “dal popolo e per il popolo!”. Tardini Tardelli ne fu assiduo sostenitore e combattivo assertore. Le regole ed i costumi mutano costantemente. Dunque è inutile una codificazione puntigliosa. Impossibile, poi, pensare di aver testi completi, definitivi e chiari. Con norme e regole da applicare in ogni circostanza. Pertanto, secondo Tardini Tardelli, era di molto preferibile una normativa che si adattasse e si modificasse alle esigenze ed ai casi concreti. Che si adattasse alla bisogna...
Tardini Tardelli, quando indossava i paludamenti da “Primo Saggio”, guardandosi allo specchio, era solito crogiolarsi recitando la frase: “la Legge e la Saggezza sono io!” Ed aveva ragione, snobbato dalla Magistratura Ordinaria e di carriera era, invece, un solido riferimento per quella elettiva o “speciale”. Tutto ciò che andava facendo e sentenziando era immediatamente condiviso da uno stuolo di ominicchi e squacquaraquà.
Genius era diventato un eroe. Per molti giorni i mass-media nazionali avevano tributato attenzione ed onori alla sua impresa. Con altre trentasei persone si era recato, per un breve periodo di ferie, in una località sciistica. Una tormenta di neve aveva isolato l’albergo. E una valanga aveva reso ulteriormente ardua l’opera dei mezzi di intervento e di soccorso. Per diciannove giorni Genius e compagnia erano rimasti tagliati fuori dal mondo. I loro telefoni portatili super intelligenti erano diventati completamente inutili. Genius organizzò i trentasei compagni ed anche il personale dell’albergo, che si era rivelato totalmente incapace di gestire la situazione critica venutasi a creare.
Finalmente, nella tarda mattinata del ventesimo giorno, le telecamere - che sempre accompagnavano le squadre di intervento e di soccorso - proposero quella sera stessa, in differita come d’uso, nell’unico notiziario nazionale, le immagini dell’abbraccio tra i soccorritori ed i soccorsi. Nell'occasione a nessuno sfuggi la stato di salute (più che accettabile) e il morale (più che sereno, quasi alto) di questi ultimi. “Merito di Genius” all’unisono. E i dettagli si perdevano negli episodi di colore. Dal razionamento dei viveri e controllo delle riserve energetiche, agli extra per chi si prodigava per tenere alto l’umore e per assistere gli altri compagni di sventura. Alle tombole con assegnazione di viveri; un modo per passare il tempo, tutti insieme, risparmiando energie. E così via.
Ma a qualcuno non era sfuggito che tutte quelle persone erano rimaste “tagliate fuori dal mondo”.
Questi erano i Sommi Controllori del Servizio Sanitario per il Benessere. Immediatamente alcuni di loro consultarono gli archivi. Persone rimaste “tagliate fuori dal mondo” per dieci giorni avevano sviluppato “comportamenti con conformi”. Fu pertanto convocata una riunione per decidere il da farsi.
L’assemblea vide presente una ventina di persone. “Praticamente il 100%” pensò il Supremo dei Sommi Controllori gettando uno sguardo veloce ai convenuti. I due assenti erano più che giustificati e giustificabili. “Vere mummie” fu il pensiero che sopraggiunse nella mente del Supremo. “E d’altronde la nostra medicina ha aggiunto anni alla vita, ma non potrà mai dare vita agli anni. Gli assenti hanno superato l’età di 120 anni”. Fu questa l’ultima riflessione, prima di premere un bottone. Tre squilli di tromba (registrati) diedero inizio alla riunione. Quanto in essa deliberato doveva essere ritenuto totalmente valido ed immediatamente eseguibile.
“Carissimi confratelli, Sommi Controllori del Servizio Sanitario per il Benessere...” e qui il Supremo si interruppe. Era un accorgimento appreso alla scuola di retorica. Serviva ad attirare l’attenzione. Il suo sguardo incrociò lo sguardo, quasi intimorito, di ciascuno dei presenti.
“Il momento è grave...” E, di nuovo, riprese a scrutare - questa volta in senso contrario, avendo come primo l’ultimo del precedente giro - negli occhi ciascuno dei presenti.
“Sappiamo che, per il bene del nostro popolo, inviamo costantemente e continuamente dei segnali e dei messaggi subliminali...”
Fece seguito un’altra calcolata pausa. I Sommi Controllori - annuendo - ripetevano, ora con la persona al loro fianco destro, ora con la persona al loro fianco sinistro: “Vero. Esatto. E lo facciamo per il bene del nostro popolo.”
Riprese il Supremo: “In origine venivano inviati, costantemente e continuamente, dei segnali e dei messaggi subliminali esclusivamente agli occupanti i Territori da Liberare. Sappiamo tutti che si trattava di una applicazione militare che il Comitato per i Territori da Liberare adottò molti anni fa. Penso che ricorderete tutti molto bene come non si riuscisse a porre fine, all’occupazione di alcuni Territori storicamente nostri, ma per millenni occupati abusivamente da infedeli ed altre creature impure?” Altra pausa studiata. Qualcuno annuì energicamente. Qualcuno parve non sapere o non ricordare. Con falsa bonomia il Supremo riprese: “Questi esseri impuri... Questi infedeli... Tutti costoro resistevano ad ogni azione. Le guerre condotte non approdarono a nulla. Quei cani... quegli infedeli... quegli impuri continuavano a riprodursi. L’occupazione millenaria, di Territori storicamente nostri, da parte di questi esseri, pareva non aver mai fine. Poi, salvifica e provvidenziale, la possibilità di un applicazione segretissima: inviare, costantemente e continuamente dei segnali e dei messaggi subliminali, utilizzando una nuova generazione di telefoni portatili super intelligenti.”
Il Supremo fece un lunga pausa, così che ciascuno dei presenti potesse ricordare o convincersi di averlo saputo.
Di nuovo il Supremo riprese: “Segnali di odio, di paura, di ansia, di terrore riuscirono dove fallirono le nostre pur valide e gloriose truppe. Tempo dopo il Comitato per i Territori da Liberare trovò gioco facile a colonizzare un popolo impegnato in una guerra fraticida”. Con enfasi mista a compiacimento il Supremo - gongolante - esclamò: “Quelle creature impure... quegli infedeli... si sterminarono da soli! E chi è causa del suo mal, pianga se stesso!”
Un’ovazione fece vibrare tutto ciò che conteneva la sala della riunione. Nessuno eccepì che il “male” non era spontaneo, ma era stato generato. Le mani Caine erano provocate, condizionate, guidate da impulsi esterni. I cervelli, costantemente e continuamente stimolati, erano - di fatto - eterodiretti.
Implacabile il Supremo proseguì: “tempo dopo abbiamo dovuto utilizzare frequenze differenziate, ma per il bene dell’economia nazionale. E il bene dell’economia nazionale, non è forse anche il bene del nostro popolo?!” Il Supremo frenò il sorriso che gli si stava stampando sul volto. Aveva indovinato l’enfasi giusta. Per un attimo gli parve perfino di percepire l’intensificarsi del battito cardiaco di tutti i presenti.
Una seconda ovazione fece vibrare, nuovamente, tutto ciò che conteneva la sala della riunione.
“Ora, per il bene del nostro popolo, inviamo costantemente e continuamente dei segnali e dei messaggi subliminali mirati. Una accorta regia ha individuato gruppi comportamentali omogenei. Un’abile campagna pubblicitaria ha indotto all’acquisto di una nuova generazione di telefoni portatili super intelligenti. L’utenza è diventata un bersaglio collaborativo. Fa sacrifici per acquistare il nuovo modello. E lo studio di comportamenti ha portato all’individuazione di risposte e condizionamenti consoni; adeguati alle circostanze e in linea con le risposte attese.”
Di nuovo il Supremo fissò negli occhi, uno dopo l’altro, tutti i presenti. In tutti lesse: compiacimento, godimento, auto esaltazione. Il Supremo doveva semplicemente assecondare questa ricercata, condivisa libidine. Continuò: “Possiamo convincere tutta la famiglia Rossi che è venuto il momento di comprarsi gli occhiali”. “Possiamo convincere la famiglia Bianchi che è venuto il momento di cambiare veicolo di trasporto e di rinunciare ad un periodo di ferie.” Inoltre “Se necessario, possiamo far sorgere l’armonia oppure seminar zizzania in una coppia, tra vicini di abitazione, o tra colleghi di lavoro. Abbiamo il dovere morale di formare... di plasmare le giovani generazioni. Quindi occorre saper ammorbidire gli spiriti più irrequieti... Oppure infondere fiducia nei caratteri troppo remissivi. Dosare ottimismo ed euforia. Aver il coraggio di ricorrere al pessimismo o alla depressione. Possiamo e dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per il benessere del nostro popolo!"
Forse il Supremo aveva altri esempi... Non poté illustrarli poiché una terza ovazione sortì l’effetto delle due precedenti.
Il Supremo dovette attendere a lungo prima che ritornasse il silenzio.
Il Supremo aggiunse, con tono grave “In precedenti casi, persone che sono rimaste “tagliate fuori dal mondo” hanno abbandonato l’abitudine al telefono portatile super intelligente...” Dopo un lungo sospiro, disse: “Ebbene, non senza dolore... Non con leggerezza ci siamo fatti carico di un loro reinserimento nel sociale... attraverso l’internamento in campi di rieducazione. Un internamento che ha assunto talvolta le caratteristiche del coercitivo. Ma, sia chiaro, lo abbiamo sempre fatto per il bene fisico, psichico e sociale di quelle persone. Insomma, nell’esclusivo loro interesse!”
Dopo le ultime parole i Sommi Controllori del Servizio Sanitario per il Benessere ebbero reazioni diverse: alcuni annuivano vistosamente, altri rimasero immobili e pensosi. A qualcuno parve di ricordare che la “coercizione” aveva portato anche a delle conseguenze molto gravi. Diciamo pure “estreme”... Ma quel qualcuno non era ben certo di quanto gli pareva di ricordare. Così anche quel qualcuno immediatamente convenne che, comunque, non era quello il momento e, soprattutto, la sede opportuna per chiedere ulteriori notizie.
Il Supremo, con un tono che oscillava tra il grave ed il solenne, disse due parole: “Abbiamo un problema”.
Tutti realizzarono che si trattava di trentasette persone, più il personale dell’albergo. Infatti un passaparola, antecedente alla convocazione, aveva preparato (e predisposto) ogni Sommo Controllore.
Sotto voce il Supremo così parlò: “Il personale dell’albergo ha un quoziente intellettivo modesto. Ma quei trentasette rappresentano un grosso problema. Essere rimasti per venti giorni senza telefono portatile super intelligente li ha indotti ad assumere comportamenti e stili di vita non consoni. Purtroppo ci risulta che nessuno di loro abbia ancora provveduto ad acquistare un altro telefono portatile super intelligente. Inoltre...” Pausa del Supremo. “Inoltre...” Altra pausa del Supremo. Finalmente: “Inoltre, orribile a dirsi, ma ad uno di loro, cui è stato fatto dono dell’ultimo modello... Un modello particolarmente ricercato ed ambito... Ebbene, costui, non ci risulta lo stia utilizzando!”
Molti dei Sommi Controllori tacquero. Ma ugualmente molti furono quelli che commentarono con disappunto. Però, alla fine, i “Buuuh” e le “Ooooh” parvero la maggioranza. Complice il silenzio dei primi.
Passato il momento di gloria... Finito il clamore... Genius fu portato di fronte al "Primo Saggio" della Circoscrizione numero 32 del Nord-Est, ossia innanzi a Tardini Tardelli.
L’uno riconobbe l’altro. Ma il saluto confidenziale di Genius fu immediatamente congelato dal Tardini Tardelli con un ringhiato: “Si ricordi il convenuto dove si trova e chi ha di fronte!”
Genius obiettò “Vostro Onore, io ho ben presente dove sono e con chi ho a che fare... Ma quello che non so e non capisco è, per l’appunto, il motivo per cui sono qui!”
Questo genere di argomentazioni avevano la capacità di far infuriare Tardini Tardelli, Ahi lui non sapeva come confutarle o che genere di risposta dare. Non gli rimase, quindi, che un “Il convenuto taccia! E sia più rispettoso di questa Corte. Oppure sarò costretto a negargli il diritto di parola!”
Genius realizzò la situazione. E Tardini Tardelli si compiacque per avergli mostrato chi dei due avesse il potere, ma - soprattutto - per averlo zittito.
“Dunque il convenuto oltre a non mostrare rispetto per questa Corte non mostra neppure gratitudine per quanto la società ha fatto e per lo spirito di abnegazione profuso dai soccorritori, inmpegnatisi duramente per porre in salvo degli sconsiderati temerari... Inoltre il convenuto pare non tenga neanche nella dovuta considerazione i riconoscimenti che, suo malgrado, la comunità, troppo generosamente e impulsivamente, si è sentita in dovere di assegnargli. Che ingrato! Vergogna!”
Genius. “Ma vostro Onore, mi consenta alcune precisazioni... Questa società non ha reso noto le avverse condizioni climatiche... Questa società non ha reso noto la pericolosità della zona... Questa società ha consentito che personale impreparato gestisse un albergo posto in una zona molto particolare... Questa società ha impiegato quasi venti giorni per porre in salvo un gruppo di persone che non era in capo al mondo, ma intrappolata in una vallata... Questa società...”
Tardini Tardelli, paonazzo per la vergogna di non trovare risposte alle contestazioni di Genius e per la consapevolezza che più quello parlava più lui sarebbe stato in difficoltà, esplose: “Genius, te la sei voluta! Ti avevo chiesto di avere un atteggiamento diverso... Ti avevo detto di portare maggior rispetto alla Corte...” Faticò, poi, non poco ad impostare la voce con il tono giusto. Cioè falso. “Mi dispiace molto, ma debbo toglierti il diritto di parola!”
Fu sufficiente un attimo. Tardini Tardelli era scomparso. La Camera della Meditazione lo accolse provvidenzialmente. Tardini Tardelli passò alcune ore fermo ed in silenzio. Poi provò a scrivere ciò che aveva un nome ambiguo per quella che altro non era che una sentenza, anzi: la sentenza. Una decina di fogli finì presto nella macchina che inceneriva i documenti... Ed ancora una volta Tardini Tardelli fece quello che era solito fare: chiese istruzioni.
Genius e gli altri furono internati in un campo di socializzazione e di rieducazione. Dentro un gigantesco capannone, simile ad un hangar, avrebbero dovuto assemblare, quel un tempo indeterminato, della componentistica. Qualche cosa di elettronico, ma era difficile coglierne la destinazione.
Genius aveva notato, in alto, sulle travi d’acciaio, la presenza di piccoli strumenti. Per lui si trattava di antenne. Ebbe un dubbio. Che sugli internati venissero testati i segnali subliminali: la frequenza, l’intensità, la qualità, la reazione risultante. Ma non riuscì a condividere con nessuno questo dubbio.
Un compagno di lavoro gli fracassò la testa. Accadde nel secondo giorno, verso sera.
Ma a chi chiedeva ragione di quel raptus, quel compagno non sapeva dare spiegazioni.
Qualcun altro, invece, lo sapeva molto bene.


di Mario Paganini
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