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Inconcepibile e le ragioni di scambio

Non è di Voltana, fa il mobiliere, ad essere precisi: monta i mobili nelle abitazioni. Si sfoga: “È giusto che quello che io percepisco in una settimana di duro lavoro (e mi mostra il palmo delle mani: sono una sgradevole carta geografica fatta di calli, vesciche ed ulcerazioni) altri lo percepiscano in un’ora?”. Coglie il mio disappunto (soprattutto) per le sue mani e, prontamente, mi spiega che, lui, i guanti non li porta perché “i mobili diventano sempre più piccoli e complicati” ed è “impossibile muovere le mani, con i guanti e gli attrezzi, in spazi sempre più esigui”.
In effetti le ragioni di scambio, ossia i valori che le parti attribuiscono a beni e/o servizi, non sempre sono comprensibili. A maggior ragione non dovrebbero essere condivisi sempre o accettati (subiti) senza contrattazione (contestazione) alcuna.
Qualche osservazione: Chi scambierebbe un cavallo da corsa con un pulcino? Chi attribuirebbe all’ultimo modello prodotto dalla Ferrari il medesimo valore di una vecchia, arrugginita, ma gloriosa bicicletta “Graziella”? Possiamo anche riflettere sul comportamento del superstite che nel deserto, tra un chilo d’oro massiccio od un litro d’acqua in una borraccia termica, non esita nella scelta. Od ancora: Ad una mummia oppure ad una gigantesca opera d’arte oppure ad un’imponente collezione di marionette: quanti, di noi “normali”, gradirebbero avere qualche cosa di simile nel salotto di casa? Eppure hanno un valore e, sempre noi “normali”, paghiamo - senza esitazione - il biglietto d’ingresso al museo o alla galleria d’arte, per gustarne la vista.
Istruzione, educazione, usi e costumi sono alla base dei nostri comportamenti e delle nostre scelte.
Ogni vivente (vegetale o animale che sia) si propone di esistere (o almeno: di sopravvivere) e di moltiplicarsi (ossia: crescere, persistere nel tempo).
Quindi gli esseri umani, essendo all’apice della piramide evolutiva, possono provare di vivere …alla grande. Tante società diventano sempre più ricche, ma non sempre riescono ad essere numericamente consistenti. Eppure, dai tempi dello schiavo ribelle Spartaco alle analisi storico-scientifiche di K. Marx, la difesa della prole ed il bisogno di libertà sono state tra i motori invisibili che hanno mosso la Storia.
Ciascuno di noi è chiamato a trasmettere un patrimonio astratto: istruire, educare, informare, unitamente ad un patrimonio concreto: beni, proprietà, denaro. Se non tutti, è quello che fanno tanti.
Se leggiamo la definizione che il dizionario dà per “nazione” quanto scritto in precedenza risulta evidente.
Io ho la sensazione che il mondo Occidentale, invece, non abbia chiara la sua identità e che in particolare, in Europa, tremila anni di civiltà (di cui duemila fortemente e indiscutibilmente caratterizzati dal Cristianesimo) stiano … lasciando posto al solo denaro, mentre fatti e solide certezze svaniscono.
Propongo un’analisi insolita, che probabilmente non troverete in un dizionario, per la parola: “informazione”. Per prima cosa scompongo la parola, e cioè: “in” e “formazione”. Dopo di che, sono certo, che tutti avranno già inteso, che diventare “formati”, significa: costruiti interiormente, dentro la propria natura più profonda; perchè la mente ed i processi cognitivi sono stati modellati.
Ogni azione è preceduta da una riflessione: tra le due c’é un giudizio.
Se il nostro giudicare attinge ad esperienze (pregiudizi) errate, distorte, compromesse, anche le nostre azioni difficilmente saranno conformi agli interessi nostri e della società di cui facciamo parte, ma collimeranno con quelli proposti da chi ha progettato e prodotto una “formazione” subdola, con la manipolazione e con il controllo della trasmissione delle informazioni.
Come può accadere una cosa simile? Partiamo da un esempio banale: molto (troppo) spesso, quando guardiamo un programma televisivo, la trasmissione è interrotta da “consigli per gli acquisti”. Questi ultimi letteralmente sparano messaggi ad un volume davvero molto alto, un volume decisamente più alto della trasmissione che si stava guardando, al punto di non avere la necessità di complessi strumenti di rilevazione, per comprendere che ci stanno stordendo e, quindi, manipolando. Direi che si tratta di un dato oggettivo: tutti lo rileviamo, tanti si lamentano, nessuno provvede. Perché? Perché la nostra è una società assuefatta alla manipolazione continua.
Nelle società moderne i mass-media assolvono un ruolo importantissimo e, quindi, delicato.
Dispiace notare che, il nostro Paese, sia diventato una Repubblica fondata …sulle televisioni.
Molte le ragioni per cui tanti non agiscono (o reagiscono). Può essere per interesse ed opportunismo, temendo di perdere dei privilegi. Può essere che la dura realtà sia diventata incomprensibile e che ci si rassegna allo status quo considerandolo ineluttabile.
Quando diventa inconcepibile pensare possibile un qualsiasi cambiamento diventa, anche, impossibile una qualsiasi reazione.
Nel 2009 il conduttore di un affermato festival canoro ha percepito, per un trasmissione della televisione pubblica, quanto mille giovani, impegnati nella ricerca scientifica, hanno ricevuto per un mese di lavoro. In numerose occasioni quel conduttore ha dato spiegazioni e/o tentato giustificazioni…
Il Giornale del 6 aprile 2009 ha titolato “Io manager fiero dei miei 8 milioni l’anno”. Non faccio moralismi e, quindi, non aggiungo aggettivi. Rilevo che qualcuno, finalmente, con spontaneità ha confermato una situazione, mentre qualcun altro ha dato spazio al concetto, con la prima pagina.
In un contesto globale deteriorato c’è un Paese in cui i manager, che hanno portato al fallimento la principale compagnia aerea nazionale, hanno regolarmente percepito favolose remunerazioni e, perfino, la liquidazione. C’è un Paese che, quando i costi aziendali per il personale hanno imposto una scelta, ha accettato il licenziamento di 450 apprendisti, per salvare il posto di lavoro a 6 alti dirigenti di una importante compagnia telefonica.
C’è, però, anche un piccolo paese, Voltana, nel quale le persone ancora si scandalizzano e, nei luoghi di aggregazione e socializzazione, non stanno zitte. Non è niente di personale verso tali “nuovi ricchi” (sarebbe come invidiare chi, prima di noi, ha preso il biglietto vincente della lotteria), ma è la vibrante condanna per un sistema che remunera esageratamente artisti, sportivi ed alcune professioni.
E non è una semplice protesta, ma è, anche, una richiesta (corale) di regole nuove sulle ragioni di scambio e sul riconoscimento del valore che a ciascun lavoro deve essere riconosciuto, un lavoro che deve originare, a chiunque e sempre, il diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a lui e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.


Mario Paganini
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