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  IL TACCUINO DI MARIO  
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Nel nome di Beatrice. Natale.

Natale… Natale… Natale, ti prego… resta qui. Non te ne andare! Non finire subito. Resta qui, con me. Ho tanto bisogno di te. Non sono il solo ad avere bisogno di te. Siamo in tanti che abbiamo bisogno di tornare ad essere bambini. Per poter credere che quello che ci aspetta, quello che ci sta venendo incontro è un qualche cosa di bello, di buono, di grande, di vivace, di calmo, di rassicurante.
Vogliamo tutti, di nuovo, sperare; perché vogliamo riprendere a vivere …
Abbiamo tutti bisogno di credere in qualche cosa. O, in tanti, abbiamo bisogno di credere che, quanto accadde duemila e passa anni fa, in Palestina, non sia accaduto invano. Vogliamo credere che sia possibile ed imminente un tempo nel quali abbondino la pace, la fratellanza e l’amore.
Natale, grazie per il tuo silenzio. Fuori sono tanti quelli che corrono, freneticamente. Guarda come sono indaffarati! Sono tutti presi dal “bisogno” di fare gli ultimi acquisti...
È il pensiero dominante del nostro tempo: comperare. Se compero, posso. E se compero e posso, allora, di certo esisto e, perché no?, sono pure importante!
Ma quando tutto ha un prezzo, tutto può avere un padrone od un proprietario. Tutto può essere scambiato e nulla è definitivo.
Già, io di qua ed io di là. Io che “posso stare a guardare”... Io che “sono stato più bravo”... Io che “ho già fatto tutto e bene”... Io, io , io…
No, a Natale non mi va di mentire. No, non è vero …
Una cosa non ho fatto. E non riuscirò mai a farla.
Cancellare dalla mia mente e dal mio cuore il ricordo di lei.
Come una meteora lei è passata nella mia vita. Prima il buio. Poi una luce accecante. Poi, di nuovo, il buio. Il buio più profondo ed angoscioso: il buio della monotonia. Perché la “routine” non è grigia, la “routine” è nera! Nera come la pece. Perché la “routine”, come la pece, se la tocchi non ti molla più e, poco alla volta, ti ingoia, sprofondi in essa. La pece ti assorbe, ti penetra, ti assimila. Così, alla fine, tu scopri di essere riuscito a perderti nel buio più nero dell’inutilità …
Ma, poi, con lei che cosa c’è stato di così grande? di così travolgente? di così appassionato?
Niente e nulla! Ed allora: perché questo ricordo, così struggente, così devastante? Se quello da ricordare è poca cosa, che senso ha tutto questa mestizia?!
Purtroppo, quando la sostanza è assai misera, ha una grandissima, trasbordante, eccessiva parte la fantasia.
Nessun dubbio, anch’io sono un’altra vittima del “déjà vu “. Già perché se avessi avuto modo di conoscerla bene, forse avremmo avuto poche cose in comune. Forse, non ci sarebbe stato alcun seguito. Sarebbe stata una semplice amicizia. Un’amicizia come tante altre.
Invece, nella specie umana, il cuore ed il cervello spesso creano pericolose sinergie. Ed allora, quando la realtà è difficile da accettare ecco che, a surrogare la realtà, provvede l’immaginazione …
So bene che, per il solo fatto che sia lecito o possibile, questo di per se stesso non è mai un motivo sufficiente per rendere una qualsiasi cosa perseguibile, realizzabile, concreta.
So bene che dal desiderio al progetto la strada, a volte, non esiste.
Eppure, con lei non è stato così. Lei ha fatto colpo su di me. E tutto il mio “io” è naufragato in lei. Il mio cervello ed il mio cuore non hanno gestito l’incontro e neppure saputo attenuare o resistere al colpo.
Anzi, nella farsa, la tragedia: la fantasia ha, con l’andare del tempo, conquistato una sua corporeità. Nuova materia per una realtà che non esisteva. Presto è diventata una colossale infatuazione. Un rincorrersi di sogni.
È sempre così: ciò che si desidera troppo intensamente finisce con l’acquistare un peso enorme ed assurdo. Non è razionale. Non è spiegabile. Ma accade. La mente lavora con assiduità, per qualche cosa che non ha senso. Non c’è un solo motivo plausibile. E neppure consistenza alcuna. Pur tuttavia …
Così lei, per me, è diventata prima un’ossessione, poi un mito. Se un feticcio si venera, una divinità la si adora. La divinità è un’entità che c’è e non c’è. Che c’è nella mente dei pochi o dei tanti che ne sono zelanti sacerdoti o scrupolosi fedeli … Gli altri, attorno, non percepiscono nulla; non si accorgono di niente; le loro esistenze proseguono ineffabili.
Ma per una divinità si fanno sacrifici e sopportano pene inenarrabili. Tutte le divinità create dall’uomo danno unicamente angoscia e tormento; senza tregua alcuna.
È passato del tempo, ma neanche oggi, in questo giorno di gioia e di ritualità, riesco ad ammettere che, se l’avessi ben conosciuta, difficilmente l’avrei amato, con la passione, l’entusiasmo, il trasporto che, invece, ora continuo a provare per lei.
Com’è contorta la mente umana! Quanto grande è la mia confusione! Ignara ed innocente, lei è stata la mia croce ed il mio tormento. La mia mente ed il mio cuore hanno creato un orrore. Come in una infatuazione tra adolescenti, così lei è l’incolpevole causa di tante mie intime sofferenze e di laceranti mortificazioni.
Come tra bambini, resi lontani dalla fatalità o per un litigio, così vorrei incontrarla di nuovo, per parlarle, per chiarirci, per stare insieme, per trascorrere un po' di tempo …
Vorrei che questo mio Natale, per qualche tempo, diventasse anche il suo Natale.
Vorrei che le armonie e le luci di questo giorno risuonassero e risplendesse dentro il cuore e la mente di ciascuno di noi. Per me e per lei, che dopo di allora non abbiamo più avuto occasione di restare insieme. Qualche cosa devo averle trasmesso. Qualche cosa lei deve aver percepito o intuito se, con spietato rigore, lei è riuscita ad ignorare ogni mio messaggio, se lei ha saputo evitare, con teutonica precisione, ogni occasione di incontro. La mia “non storia” e la sua storia sono esistenze parallele. Tuttavia vorrei raccontarle dell’abbaglio di un uomo maturo per una donna troppo giovane. Vorrei raccontarle di quali fantasie, sogni ed astrusità un uomo infatuato può essere capace. Ma ormai ...
Invece non trovo neppure il coraggio e la forza per un ultimo messaggio. Per condividere con lei l’augurio di “buon Natale e buone feste”. Ad una donna carissima, che mi ha dato l’impressione di aver perso ogni speranza nel genere umano, ma che rimane di una grande Fede; con una donna, carissima, che teme tutti gli uomini e che è rimasta confusa e immotivatamente spaventata da una persona come me; la mia mente ed il mio cuore vorrebbero augurarle, in questo giorno, ogni bene.


di Mario Paganini
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