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  IL TACCUINO DI MARIO  
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Il vero eroismo …

Chi ha superato i cinquant’anni ricorda di aver frequentato le elementari con una piccola cartella, un quaderno a righe ed uno a quadretti, pochissima cancelleria e due libri dei quali uno era di sussidio all’insegnamento di molte materie tra le quali la Storia. Il mio aveva un nome suggestivo: “Il tamburino” e, tra le tante cose, affrontava e descriveva anche la Prima Guerra Mondiale. Non ricordo il testo e le fotografie, che pure c’erano; ho invece impressa nella memoria l’immagine di un bersagliere ferito, Enrico Toti, che scagliava, contro i nemici che lo circondavano, la gruccia. Non voglio sminuire nulla dei meriti di Enrico Toti, della vita ardimentosa che questi condusse, dei viaggi fatti, ad inizio ‘900, in bicicletta – sebbene invalido - visitando luoghi lontani, del coraggio da lui sempre dimostrato, anche nel momento dell’estremo sacrificio. Enrico Toti era un uomo che, privato di un arto per un incidente sul lavoro, tuttavia fortissimamente volle prendere parte alla “Grande Guerra”. Era un uomo che, sebbene più volte ferito dai colpi avversari, invece di alzare le mani in segno di resa, agì e reagì. Il suo fu un gesto eccezionale: quella gruccia, lanciata contro il nemico, fu l’ultimo estremo gesto di ribellione di un eroe che non si sottomise. Il suo gesto significava e significa un forte rifiuto a qualsiasi attentato alla propria volontà, alla propria libertà. Il suo non fu l’atto di stizza di un “ultrà” dello stadio od il gesto scontato di un uomo, stressato e nevrotico, del XXI secolo.
Io con il passere degli anni, ho modificato e ampliato il concetto che avevo di “eroe” e di “eroismo”.
La vita e gli anni trascorsi a Voltana sono stati determinanti per questo cambiamento. Gli eroi e l’eroismo ora per me non sono solamente una “roba” militare o collegata ad azioni belliche perché la mia convinzione ora è questa:
A Voltana ho conosciuto persone che, spinte da una forte motivazione interiore, hanno accettato sacrifici, sopportato prove, affrontato situazioni estreme ed eccezionali. Per me sono autentici eroi e, di conseguenza, il nome di tali persone meriterebbe di essere ricordato. Non posso farne un elenco perché sarebbe incompleto e forse non gradito ai diretti interessati. Ma, oggi più che mai, sono anche convinto che sia eroe cioè dimostri eroismo chi accetta e vive un quotidiano molto particolare. Considerati i modelli culturali proposti dai mass-media (in primo luogo: quello edonistico televisivo) ed il sentire comune dei nostri tempi, per me è eroe chi, ad esempio, accetta e condivide la malasorte che si è accanita sul coniuge, portatore di un grave handicap. Infatti oggi è una indubitabile dimostrazione di eroismo seguire ed accudire per molti anni il partner, gravemente invalido, con passione ed amore. Occorre avere non solo resistenza fisica, ma anche una grande volontà.
Penso anche che possa essere definito eroe chi spende molto della propria esistenza per gli altri. Ho conosciuto persone che hanno sopportato lutti familiari che, per caratteristiche e intensità credevo possibili solo in tempo di guerra. Eppure queste persone hanno saputo reagire e, giorno dopo giorno, hanno trovato e trovano tempo, energia e disponibilità per aiutare altri.
È eroismo anche partire volontari per il Terzo Mondo o per aiutare chi è rimasto vittima di catastrofi naturali.
Definirei poi “grande generosità” lo spirito di sacrificio e di abnegazione di chi opera nel volontariato locale. La comunità voltanese si aggrega spesso per feste, sagre, manifestazioni religiose, sportive, ecc. Mi è capitato di conoscere delle persona (e non credo siano eccezioni) che mi hanno parlato del loro impegno: cose modestissime, come: l’allestimento di stand, la pulizia degli spazi destinati agli eventi e la predisposizione degli alimentari. Sono tutte azioni finalizzate alla buona riuscita dei sopra indicati momenti di aggregazione. Tutti sono persone che hanno prestato il loro lavoro e servizio con il bel tempo e con il brutto tempo, che lo hanno fatto in gioventù (al termine di una giornata di lavoro oppure utilizzando le ferie) ed ora, che sono anziani, utilizzando il tempo libero. Queste persone hanno, in tante ripetute occasioni: allestito ponteggi, pulito pavimenti sbrecciati, servito alimenti. Di particolare c’é che lo hanno fatto e lo stanno facendo, gratuitamente, ogni anno per molti giorni e che lo stanno facendo da quasi cinquant’anni! Quando occorre queste persone ci sono, fanno ed agiscono. Spesso non ricevono neppure un grazie e non lo chiedono e, forse, neppure sentono la mancanza di tale riconoscimento.
Qui a Voltana, in questa comunità sensibile, è sufficiente avere gli occhi per vedere ed immediatamente si coglie un’ordinaria generosità di molti uomini e donne che stanno camminano al nostro fianco. Sono persone che agiscono silenziose e riservate, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Ma il modello culturale proposto (ed imposto) dai mass-media celebra “le veline” ed “il calciatore” come massime aspirazioni od unici obiettivi. Forse “veline” e “calciatori” sono più simpatici perché giovani e c’è, tra loro, chi ottiene attenzioni e riconoscimenti economici non eguagliati da premi nobel per la medicina o per la fisica. È una distorsione del nostro tempo, indotta dai mass-media, se a sembrare di successo e destinati ad imperitura memoria siano “veline” e “calciatori”. Stiamo “con i piedi per terra”, senza rinunciare a ricordare la normalità, senza rinunciare ad esercitare il dovere di educare ed istruire. Ci sono tanti modelli a cui ispirarsi e speriamo che i più giovani sappiano scegliere tra questi!
Nel passato c’era chi spendeva la vita (in gran parte o tutta). Noi doniamone almeno un poco, come hanno saputo e voluto fare tanti genitori e nonni. Occorre un po’ più di coraggio, di impegno, di disponibilità e di spirito di sacrificio. Nella nostra comunità ci sono già persone che lo stanno facendo e ci testimoniano come questo sia stato e sia ancora possibile.


Mario Paganini
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