Sono passati pochi mesi e sono tanti che, solamente ora, realizzano quanto profondo fosse l’abisso nel quale noi italiani eravamo precipitati. Stiamo anche riscoprendo l’amor proprio, il rispetto, la dignità che ciascuno deve a se stesso e gli uni riconoscere e chiedere agli altri.
L’urgenza di regole chiare, certe e definite, che estirpino il malaffare e la corruzione, è un altro segno che si vuole cambiar pagina e, soprattutto, si vuole cambiare il ritmo per stare al passo con gli altri popoli e con i tempi.
Dovremmo, dunque, essere soddisfatti. No, non è così. Avvertiamo, infatti, che quella che stiamo vivendo non è la solita crisi. C’è qualche cosa di ben più grave e profondo.
L’efficienza individuale è cresciuta. La produttività individuale è cresciuta. Non è, invece, cresciuto il reddito percepito individualmente. Poi, con “artifizi” si è lasciato crescere il debito dei singoli, dei gruppi e degli Stati. Ora abbiamo, da una parte tanti “debiti” e, dall’altra, in poche mani, tanta ricchezza.
Dunque, qualche cosa non va in questo modello di sviluppo, di crescita economica e di libero mercato!
È questo che ci “rode”: fare inusitati sacrifici per … tornare al punto di partenza. Anzi (chiamiamo le cose con il loro nome!) ci troveremo presto con meno servizi, diritti e tutele.
Siamo nella “euro zona” e abbiamo la “globalizzazione”, non possiamo prescinderne.
Con realismo non possiamo … deviare eccessivamente dalla rotta da altri tracciata per noi e per tutto l’Occidente.
Però possiamo prenderne coscienza e ragionarci sopra.
Possiamo avanzare proposte, confrontare le nostre esperienze ed idee con quelle di altri. Occorre seguire, con attenzione, sia i movimenti (es. occupy wall street), sia quanto avviene in: Islanda, Grecia o Spagna.
Tempo fa, oltre Atlantico, lo slogan “we can” (possiamo farlo) alimentò tante speranze. Ora ci giunge, di buon auspicio: “il futuro non è ancora stato scritto”. Tra la rassegnazione e l’illusione c’è il nostro futuro. Con realismo, buona volontà e rimboccandoci le maniche qualche cosa faremo! La medicina che ci è toccata in sorte è amara. Ma forse, inaspettatamente, può esserne trovata un’altra.
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