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  IL TACCUINO DI MARIO  
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Cornuti e mazziati ? Comunque, indomiti !

Evitare la bancarotta è importante. Evitare la bancarotta perché tutto torni come prima, non è saggio. E neppure auspicabile.
Ricapitolando. Durante la cosiddetta “guerra fredda” il “libero mercato” è stato tenuto a freno per evitare che le “lusinghe bolseviche traviassero le masse”. Così alle “masse” sono stati riconosciuti molti diritti. Anche le condizioni di vita e di lavoro delle “masse” sono sensibilmente migliorate.
Poi, in Italia, negli anni ‘80 i Governi degli “amici degli amici” sono stati determinanti nello scialo delle risorse dello Stato. Il debito pubblico è cresciuto in maniera … esplosiva. Nel 1989 è caduto il muro di Berlino. Da allora sono subentrate: deregulation, flessibilità e tante altre meraviglie del “libero mercato”.
Siamo ai nostri giorni. Dopo pochi anni trascorsi in preda al liberismo ora stiamo alternando un periodo di crisi ad uno di … recessione.
Ieri, Adriano Olivetti ed Enrico Mattei erano i manager di riferimento. Oggi abbiamo Sergio Marchionne e Alessandro Profumo.
Adriano Olivetti, che aveva fatto conoscere al mondo alcuni prodotti made in Italy, percepiva 4 o 5 volte la retribuzione di uno dei suoi ingegneri. Forse non tutti sanno quanto siano internazionali i manager dei nostri giorni, però sappiamo che percepiscono almeno quanto 500 dei loro dipendenti. Questo è un esempio di come sappia essere efficace ed efficiente il “libero mercato”. E, soprattutto, come sappia autoregolarsi!
In questi anni i lavoratori
- hanno accresciuto la loro capacità produttiva;
- hanno visto, ogni anno, metà del loro reddito ingoiato da: contributi, imposte e tasse;
- hanno subìto una perdita del potere di acquisto (ora certificata anche dall’Istat) prossima al 50%;
- hanno preso atto del progressivo divaricarsi della forbice salariale tra i “capoccia”, che sono sempre più ricchi, ed i “peones”, che sono sempre più poveri;
- hanno dovuto condividere un modello sociale impostato sulla crescita infinita dei consumi;
- hanno accettato un sistema impositivo assurdo (ad es. il metalmeccanico Cipputi non poteva dedurre i costi sostenuti per recarsi sul posto di lavoro; invece il professionista Sbrodoloni poteva pagare meno imposte se cambiava la Mercedes);
- hanno subìto un debito pubblico originato da sprechi, clientele, mafie, opere faraoniche inutili e spese militari pazze;
- hanno dovuto versare ulteriori contributi, per andare in pensione “tempo dopo” e “con meno” !;
- hanno ascoltato qualcuno proporre l’abrogazione dell’art. 18, ma pochi hanno detto loro che occorreva reagire (con le attuali retribuzioni pagate ai neo assunti ed i ritmi ora richiesti sul lavoro, dovrebbe essere facile intuire che cosa si profila per quei cinquantenni che costano il doppio e rendono la metà …)
Se è presto per giudicare Mario Monti e il suo operato; se pare opportuno lasciarlo sviluppare il suo progetto tuttavia non dobbiamo assolutamente rinunciare a dire quello che pensiamo. E non rinunciamo a pensare che siano anche altre e diverse le strade per uscire da quella che, sempre con maggiore evidenza, a tanti sembra una crisi di sistema.
Da un sistema nel quale tutto è centrato sul “mezzo” occorre riuscire a pensare - collettivamente - ad un sistema centrato sui “fini”.
Ora il denaro è tutto. Sembra che il pensiero economico di Marx possa godere di una nuova primavera. Oggi non importa che cosa si produce, l’importante è che abbia un mercato e che ci sia chi è disposto a fare acquisti. In tal modo chi presta “capitali”, dopo poco tempo, ritorna in possesso di una quantità di “capitali” sensibilmente maggiore.
Dovremo, tutti insieme, cambiare.
Sarà, ad un tempo, una rivoluzione antropologica e culturale. Riuscire a capire “perché” certe scelte debbano essere fatte e quali azioni debbano essere compiute, richiedono cambiamenti profondi. Così come avere sempre in mente “a quale scopo?” e qual è il “fine ultimo?”, richiedono un diverso stile di vita.
Non sarà facile. Non sarà indolore. Qualcuno ha teorizzato che il capitalismo trova nella guerra la soluzione a tutti i suoi problemi e a tutte le sue contraddizioni. Ma i conflitti sono e resteranno gli eventi più dolorosi! E la pace vera non è mai quella che i vincitori impongono ai vinti!
Sempre e in qualsiasi circostanza.


Mario Paganini
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