Un “referendum” non è un “plebiscito”. E quei politici che sono certi di essere stati “inviati dalla Provvidenza” hanno sempre preferito i plebisciti e temuto i referendum! È assodato che dietro la scelta del nucleare ci sia un business colossale. Così come è certa e dimostrata l'elevata rischiosità del nucleare. Infatti solo un italiano su cinque reputa i benefici superiori ai possibili danni. Mentre tre italiani su cinque sono fortemente contrari a questo genere di dipendenza energetica. L’attuale maggioranza, dopo essersi più volte pronunciata a favore del nucleare, ha iniziato le manovre per boicottare le iniziative popolari referendarie.
Pertanto ha scisso i due momenti elettorali. La prossima tornata elettorale per le Amministrative avverrà in un giorno mentre i referendum avranno luogo in un momento diverso. In tal modo si raddoppiano i costi, ma cresce la possibilità che non sia raggiunta la maggioranza dei votanti (il cosiddetto: quorum) per i referendum. Poi il Governo, con un improvviso volta faccia suggerito da quanto accaduto a Fukushima e dalle vicende giudiziarie del Premier, ha pensato ad una moratoria per il nucleare. Dopo aver perorato la causa del nucleare, ora propone una pausa di riflessione, cosa assai diversa da un ripensamento sulle scelte strategiche quanto alle fonti energetiche! Però con una moratoria di qualche mese forse sfumerà il ricordo di quanto accaduto a Fukushima, così come parzialmente già accaduto per Chernobyl. Di certo l’introdotta pausa scoraggerà la partecipazione al voto. Un voto già boicottato dalla scarsa informazione. Infine occorre rammentare che un flop elettorale potrà essere utilizzato sia dal Premier in sede giudiziaria, sia da quanti vogliono affossare il referendum quale strumento di democrazia diretta.
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