Articolo Nr.47
del 24/10/2000
Opera Prima 2000: Ceramica - Seconda Edizione

A Voltana, da tempo, si organizzano mostre che vogliono essere anche una opportunità per tanti giovani talenti artistici. Il risultato odierno conferma quanto si sia guadagnato in efficacia ed in qualità in questi ultimi anni. Infatti anche questa seconda edizione di Voltana in Mostra, Opera prima 2000: Ceramica, è stata caratterizzata da una nutrita e qualificata partecipazione.
Ancora una volta l’assenza di criteri o di scelte selettive di tendenze omogenee ha consentito questo confronto e incontro tra ventun artisti. Il concorso, infatti, costituisce il presupposto sia per una presa di contatto e una riflessione critica sui caratteri e le potenzialità del linguaggio artistico contemporaneo, sia per una opportunità di incontro sulle tematiche culturali emergenti, legate ad una operatività specifica, espressione di dati individuali oppure di componenti tipiche della tradizione o manifestazione di quanto prima interiorizzato, e poi esternato, quale frutto maturo e fecondo di una didattica sempre attenta e rigorosa.
I lavori sono esposti in un ambiente atipico, la Delegazione Comunale, punto di riferimento non solo amministrativo, ma anche sociale e culturale della comunità locale, senza linee di demarcazione, in una visone unitaria nella quale il visitatore potrà trovare le indicazioni di ogni valenza dei percorsi soggettivi individuati da ciascun giovane espositore.
Indipendentemente da ogni considerazione sul valore di questi giovani ceramisti, che non mancheranno di trovare in futuro le migliori soddisfazioni, va oggi effettuata qualche riflessione generale e particolare sul linguaggio artistico di queste promesse.
L’elemento che accomuna tutte le opere esposte è una immediatezza espressiva che mette a proprio agio l’osservatore, il quale, fin dal primo approccio, può fruire degli attributi di una interessante visione e tentare, poi, eventualmente, sistematici approfondimenti. Altro aspetto comune a tutti i partecipanti è una certa disinvoltura nel trattare tematiche concettuali, il che non deriva da mancanza di umiltà intellettuale, quanto dal desiderio di non rimanere ancorati ad espressioni convenzionali del “moderno”. Non a caso, oggi, anche in molti artisti consumati, la scelta di un titolo per un’opera è un pallido riferimento. La giovane età dei partecipanti ci ricorda, inoltre, che qui, per tanti, si è ancora agli inizi e, quindi, si cerca di dare un senso alle cose, prima ancora che un significato. Costituisce, allora, già un ottimo risultato il potersi presentare ad un incontro con la migliore attenzione ai modi di essere della contemporaneità.
La mancanza di timore reverenziale nei riguardi di artisti già affermati, in molte circostanze stigmatizzata, in queste manifestazioni consente invece di riconoscere ed apprezzare una partecipazione più matura, con riflessi culturali di maggiore spessore. Se questa mostra non tenta di individuare tendenze di indirizzi o di scuole, tuttavia è necessario fornire quei riferimenti, specifici o convenzionali, direttamente individuabili ed utilizzabili per cogliere il connotato linguistico che caratterizza l’appartenenza a distinti filoni operativi.
I giovani di Faenza, centro di antica tradizione e di rinomanza internazionale, mostrano attenzione alla superficie maiolicata o modulata, con risultati di eleganza e solidità risolutiva. Dalle loro opere traspare una notevole capacità di fondere la plasticità del modellato con l’eleganza delle superfici, a testimonianza della vitalità di una tradizione che sa fornire stimoli efficaci.
La partecipazione della scuola comunale di Massa Lombarda è caratterizzata da un discorso meno specifico che, partendo dalla plasticità di una realizzazione scultorea, alla quale dà un valido supporto una ricca elaborazione ed una ricerca materica, utilizza la ceramica come elemento dichiaratamente narrativo, lontano da una concezione e contaminazione tradizionale, ossia funzionale o d’uso pratico. Più in generale si può dire che l’attualità dell’espressione trova sempre riscontro nei contenuti culturali di attributi post-moderni, quali - ad esempio - la complessità e la trasversalità.
L’opera di Antonio Caranti è una arguta pittura a fuoco in pannelli maiolicati. Un racconto che, nella sua autoportanza allegorica, consente il virtuosismo di preziosi accostamenti timbrici di smalti policromi.
Francesca Casadio e Daniela Mambelli hanno prodotto delicati ed accurati lavori, rigorosamente classici, dal meticoloso studio anatomico. Allo stesso modo Stefano Foschini riserva giustamente anche al supporto la medesima eccellente cura prestata all’opera, costituendone parte integrante.
Roberto Lazzarini sa esprimere tutta la compattezza di una elaborazione che, partendo da un sapiente raccordo di piani, giunge ad una sintesi organica ed essenziale fortemente simbolica e ricca di suggestioni.
Enzo Giordano ed Attilio Orecchia esprimono una matura riflessione sui caratteri primari della materia come reperto
Nel “raku” la tradizione non è un semplice atto di custodire e ripetere: avendo una consolidata tradizione, infatti, è possibile creare un’opera d’arte completamente nuova. Nel “raku” di Nicolò Renda vengono utilizzate soltanto le mani e mai il tornio: questo consente di trasmettere il calore e il sentimento profuso dall’artista nella creazione.
Roberto Angelini porta la ceramica ad esprimere le tensioni plastiche della superficie, in una visione attenta alla fisicità fantastica di un risultato innovativo.
Lucia Rita Maniero propone - con qualità, forme e superfici di scuola faentina - una versione, aggiornata e personale, di prestigiosi oggetti d’arte e d’uso.
Modulazioni eleganti e raffinate, con richiami naturalistici e purezza di linee e di superfici, sono nel refrattario di Simone Savini.
La costruzione, emblematica e ritmica di Fiorenza Pancino, utilizza un linguaggio classico per una colonna-calice dalla forte rilevanza simbolica.
Il realismo, nei lavori di Olivo Ballarini, di Barbara Cotignoli, di Paolo Patuelli e di Maurizio Russo, consente la percezione di un carattere o di un ruolo in ciascun manufatto: ciò si traduce in una emozione, un giudizio, un’arguzia, una considerazione nell’osservatore. E’ possibile, invece, cogliere spunti tra l’onirico ed il surreale nei lavori di Bottini Fabrizio e di Lanzoni Luca
Un’immagine dalle pregnanti suggestioni plastiche, di sapore arcaico, caratterizza l’opera esposta da Ana Cecilia Hillar.
Splendida l’elaborazione materica di Stefano Passeri: più felice, quasi ludico, nei momenti liberi e primari di intervento sulla terra come soggetto. Identica considerazione per il lavoro di Yuri Ragazzini che, in più, aggiunge un ponderato, raffinato e meticoloso uso dei colori.

La validità artistica di questa manifestazione (concorso e incontro) e il vasto ed interessante panorama presentato meritano ampiamente la formulazione di un auspicio per un suo proseguimento ed un suo potenziamento, affinché questa iniziativa continui ad essere uno stimolo utilissimo ed una valida opportunità per il lavoro di tanti giovani ceramisti.


Mario Paganini - Voltana, marzo 2000