Le popolazioni che (soprav)vivevano a Sud del Sahara di certo non desideravano andare a fare gli schiavi nelle Americhe. Eppure qualcuno provvide ad organizzare un profittevole e florido commercio di forza lavoro umana, non volontaria, perchè costretta in schiavitù.
In Africa, il già fragile equilibrio socio-ambientale, ne rimase sconvolto. Una incursione in un villaggio consentiva, in poco tempo, di rimediare un alto numero di schiavi. Lo intuirono anche gli Africani, che si sparpagliarono su grandi distese territoriali, con i facilmente immaginabili guasti (irrimediabili) ai già fragili equilibri di quelle economie e di quegli ecosistemi.
In Irlanda l’alimentazione aveva un solido fondamento nelle patate. Soprattutto tra i ceti meno abbienti.
Un parassita colpì le colture rendendo insufficienti i raccolti delle patate.
Gli Irlandesi, soprattutto i più poveri, furono costretti a migrare in altri Paesi. Diventando - immediatamente - forza lavoro poco qualificata, ma a bassissimo prezzo.
Finì che, ben presto, gli operai Irlandesi furono odiati dagli operai Inglesi, poichè gli Irlandesi, necessitati dalla situazione in cui versavano, si accontentavano di salari assai inferiori a quelli percepiti degli operai inglesi, organizzati in leghe e sindacati.
Nel ‘900, in tanti, in troppi, “ce l’hanno messa tutta” per far peggiorare - ulteriormente - le condizioni di vita delle popolazioni che (soprav)vivevano in Africa.
Come l’Inghilterra era la meta più prossima per tutti coloro che lasciavano l’Irlanda, similmente i Paesi del Sud Europa sono la meta più prossima per chi lascia l’Africa.
E soprattutto “gli ultimi”, socialmente ed economicamente, tra gli abitanti del Sud Europa, a loro volta odiano “gli ultimi”, ossia i migranti, provenienti dall’Africa.
Il conflitto: operai Inglesi che si oppongono agli operai Irlandesi, si ripropone.
Il capitale guarda e se la ride.
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