Articolo Nr.25
del 02/10/1998
Meglio prima…

Almeno una dozzina le materie di studio e - per ognuna di esse - numerosi i libri di testo o i sussidi in adozione, insegnamenti sperimentali, classi sovraffollate, alunni turbolenti e male assortiti e, come nelle baracche dei Paesi in via di sviluppo ci sono splendidi televisori a colori, similmente in aule bisognose di manutenzione potenti computer fanno bella mostra.
E’ la scuola italiana di oggi, quella del cambiamento, quella su cui scommettere per un futuro migliore. E’ quella che fa rimpiangere la scuola di ieri !
E’ vero che non si può attribuire all’attuale Ministro della Pubblica Istruzione ogni colpa, ma non si può neppure minimizzarne le responsabilità. Dopo un travaglio durato 30 anni si profila una grossa delusione.
Prima nota dolente: gli insegnanti. Sono scarsamente motivati e male pagati. Poca incidenza hanno, poi, la preparazione professionale ed i titoli accademici. Grande rilevanza hanno, invece, i corsi di aggiornamento, di abilitazione e di formazione che, con reciproci scambi, vengono organizzati da chi della scuola “reale” ha scarsa conoscenza.
Seconda nota dolente: i dirigenti. Dall’oggi al domani direttori didattici e presidi sono diventati “manager”. E poiché una legge può assicurare ruoli, ma non fornire capacità, sono immaginabili i risultati.
Terza nota dolente: gli studenti e le opportunità concretamente offerte.
I programmi diventano sempre più ricchi, la conoscenza divulgata diventa sempre più vasta, i mezzi per apprendere sono sempre più avvincenti. Eppure i risultati mancano, anzi…
Il tempo per assimilare il sapere, si riduce. Le ore di lezione aumentano di numero, però si riducono nella durata (sono molto diffusi i 50 minuti).
Si è combattuto il “nozionismo”, dimenticando che esiste un livello di conoscenza minima, una quantità e qualità di informazioni (o cultura generale) indispensabile.
E’, poi, sufficiente osservare l’abbigliamento ed il comportamento degli studenti per intuire quale sorte sia toccata al conclamato spirito critico, alla enfatizzata autonomia o al celebrato senso di responsabilità.
Si afferma che i risparmi sono necessari per reperire risorse da destinare altrove. Le classi, allora, diventano sempre più numerose, ma diventa, poi, difficile completare il programma ministeriale.
“Non è una penna che fa grande uno scrittore”, ma c’è chi crede il contrario ed allora diventa (occasionalmente) prodigo. Di fronte al dilemma: “o troppo o niente” non si hanno esitazioni: alcuni avranno a disposizione una sofisticata tecnologia (salvo non trarne gli attesi benefici), altri non disporranno dei più elementari mezzi di laboratorio o dei necessari attrezzi nelle palestre.
L’inserimento di elementi deboli, quando non adeguatamente sostenuti, è per tutti un danno. Per tutelare i più deboli non si deve giungere a danneggiare né i normali, né i più capaci. Un aspetto eclatante della comune sconfitta: gli handicappati non hanno occasione di svolgere adeguata attività fisico motoria.
Una scuola attenta ai problemi del Paese e che sappia essere volano dello sviluppo, deve essere una scuola concreta, collegata con la realtà, affidabile nei suoi …prodotti. E’ giusto che a tutti sia garantito il diritto allo studio. Al contrario è una assurdità che a tutti sia garantito il titolo di studio.
Tra le astrattezze sopraggiunte: l’insufficienza che non conta. Si chiede allo studente (persona in formazione) una maturità ed una responsabilità che gli adulti (persone già formate) non sempre hanno, prima nello studiare, quindi, nel porre rimedio al “debito formativo”. Il rischio è di una selezione delle materie secondo discutibili criteri di importanza. Nessuno costruirebbe un edificio senza solide fondamenta. Selezionando per importanza è, poi, possibile ottenere migliori risultati rispetto a chi, con maggiore coscienza si impegna su tutto. Anzi, forse qualcuno riuscirà ad acquistare (precocemente) una preparazione specialistica, ma si avvertirà sempre in lui la mancanza di un’ampia preparazione generale o di una sensibilità accresciuta via via dall’esperienza.
Una nota positiva: la reazione di molti genitori. La prospettiva di avere per casa un figlio studente per gran tempo, fa riflettere. La scarsa preparazione complessiva, poi, é evidente così come la mancata acquisizione di un metodo di studio o di un criterio nel fare ricerca.
Gli esami di maturità della scuola italiana da decenni sono un dramma ed una burla al tempo stesso. Un dramma perché ogni prova è una incognita. Una burla perché tutti sanno che, nella maggioranza dei casi, i programmi ministeriali non sono stati completati.
Accanto al pubblico ed al privato senza fini di lucro prolifera, allora, il privato senza attributi con “tutors” ricompensati per l’assistenza prestata a quanti ne hanno la possibilità.
Alla fine le varie utopie scolastiche e le crescenti esigenze di tagli nei bilanci dello Stato riusciranno ad affossare la scuola pubblica a tutto vantaggio di una scuola privata che, per tempo, abbia saputo prepararsi con serietà all’evento.


Mario Paganini