Articolo Nr.186
del 08/12/2017
Produttività e felicità.

“Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione industriale. La prima interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l'introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore, nella seconda metà del '700. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870, con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Talvolta ci si riferisce agli effetti dell'introduzione massiccia dell'elettronica, delle telecomunicazioni e dell'informatica nell'industria, come alla terza rivoluzione industriale, e viene fatta partire dal 1970” questo è quanto è possibile leggere su Wikipedia italia
Qualche domanda.
La prima - e più ovvia - è: nella sostanza, dopo le varie rivoluzioni, che cosa è cambiato nella vita degli uomini e delle donne? Forse che le loro vite sono diventate più felici?
Qualche considerazione. Il lavoro deve servire per il sostentamento delle persone, deve garantire alle persone una vita dignitosa. È un errore considerare, quale unico scopo e fine dell’esistenza, il lavoro.
Dunque, è possibile affermare che le rivoluzioni hanno liberato tempo e risorse per una diffusa migliore qualità della vita che ora è - per tutti - considerevolmente più dignitosa?
Invece credo sia evidente a tutti che se ci sono stati degli indubbi miglioramenti, questi non sono universali, non sono condivisi, non sono costanti e - purtroppo - non sono neppure durevoli.
Il “mercato” ed il “capitale” sono due feticci, due falsi idoli a cui tanto viene sacrificato. In tanti declamano e descrivono le meraviglie che il “mercato” ed il “capitale” compiono, ma è un mero libro dei sogni, delle teorie non supportate dai fatti, delle fantasie che non accettano l’evidenza. E dei molti dubbi sulla onestà intellettuale di tanti sapienti (e altrettanto saccenti) che del “mercato” e del “capitale” sono i paladini.
Da secoli i ricchi diventano sempre più ricchi. La ricchezza si concentra in un numero di persone sempre più esiguo. Da secoli il divario tra poveri e ricchi diventa sempre più ampio. Da secoli i poveri sono sempre più numerosi e sempre più poveri. Le fasce di indigenti si ampliano. La miseria diventa una realtà che si coglie agli angoli delle strade o si misura dalla lunghezza delle file alle mense sociali o delle compagnie dedite alla carità.
Come lo stolto fissa lo sguardo al dito e non alla Luna ora la “colpa” dell’esistente stato di cose è dei lavoratori, che non sono abbastanta produttivi; dei consumatori, che non sono abbastanza avveduti; dei risparmiatori, che non sono adeguatamente informati. Non è mai “colpa” del “sistema” e delle persone che docilmente lo assecondano o che spregiudicatamente lo guidano. La “colpa” viene attribuita, invece, a quanti - loro malgrado - lo subiscono.
Le parole addomesticate stravolgono la realtà.
Il lavoratore è sfruttato all’estremo. La sua è una esistenza trascorsa a logorarsi; poichè la prodittività è anche in funzione dell’organizzazione del lavoro e dei mezzi che si hanno a disposizione.
Il consumatore è abbindolato e plagiato dalla pubblicità e da pratiche commerciali ingannevoli. Metodologie assai diffuse perchè mai efficacemente contrastate.
Il risparmiatore non ha le competenze che lo renderebbero capace ed autonomo nelle scelte. Intenzionalmente è tenuto all’oscuro dei meccanismi economici e finanziari.
Capire l’esistente è afferrare il bandolo della matassa. Poi, la volontà e la condivisione, portano a trovare le risposte e le soluzioni.
Allora possiamo iniziare con il dire che “il re è nudo”!
E tentare di mettere al centro la “felicità”, non solamente quella individuale, ma la “felicità” di tutti.


di Mario Paganini