Articolo Nr.136
del 30/03/2013
Terra Santa 2013 dal 14 al 21 marzo 2013. Appunti di ... pellegrinaggio

Un pellegrinaggio è cosa diversa da un viaggio, ma in entrambi i casi ci si cala in una realtà diversa con la possibilità di esperienze forti, di emozioni profonde, di considerazioni inattese. Visitando la Terra Santa (così si evita di usare la parola “Israele” o la parola “Palestina”) la prima cosa che colpisce e stupisce è la verosimiglianza nel paesaggio con quello descritto nei Vangeli. Lo “sviluppo” e la “crescita demografica” hanno modificato l’ambiante, ma molto è rimasto come duemila anni fa, sia lungo le rive del fiume Giordano, del lago di Galilea, del Mar Morto, sia nelle frequenti zone desertiche o nelle oasi. Nonostante le molte distruzioni abbondano, poi, i siti archeologici, ottimamente restaurati. E nonostante le profonde divisioni religiose i molti luoghi di culto - spesso con un … inizio comune, molto addietro nel tempo datato - sono visitabili senza particolari formalità.
Per me è stata una esperienza straordinaria. Sto ancora organizzando le emozioni. Sono rimasto sorpreso da quanto possa offrire la Terra Santa all’uomo di oggi. Cercando di fare un po’ di ordine, in primo luogo, mi sono sentito come “il giovane ricco” della parabola. Per l’anagrafe non sono giovane ed ho un reddito normale. Ma, come tanti, coltivo l’illusione di restare giovane e cerco di non dissipare il benessere (ossia la ricchezza) di cui godo. Ma quei luoghi portano ad interrogarsi sulla vita che si sta conducendo. Ci si rende conto di essere dei privilegiati, di vivere nel benessere e questo è un grosso aiuto, ma non sempre è sufficiente per sentirsi felici e neppure sereni. Stiamo sempre in apprensione, timorosi di perdere “la roba” che abbiamo. Se non una umanità “sazia e disperata”, di certo più si è lontani dal messaggio evangelico e più si è affini al giovane ricco, in una parola si è “tristi”. L’indecisione o il rifiuto di un profondo cambiamento nello stile di vita sono un impegno forte, tanto da sembrare impossibile.
Un’altra considerazione? L’ingratitudine! Ciascuno di noi se dona qualche cosa si attende un gesto di riconoscenza od almeno la parola “grazie”. Possiamo usare la parola sorte o destino oppure Provvidenza. Tutto attorno a noi evolve e cambia. La quotidiana esperienza ci fa, poi, toccare con mano il grado di complessità della realtà. Il nostro microcosmo è affollato di apparecchi ed utensili che si guastano, di una apparato burocratico farraginoso, di cose che non vanno come dovrebbero. Eppure siamo, invece, fermamente convinti che il nostro macrocosmo sia esente da mancanze, difetti, errori. L’uomo di oggi è un privilegiato. Noi Occidentali, in particolare, nonostante tutte le crisi, viviamo in una condizione invidiabile e senza precedenti. Di chi è il … merito? Della nostra intelligenza, lungimiranza e bontà d’animo? Oppure del libero mercato e dei suoi avvincenti meccanismi regolatori? Oppure può dipendere anche da qualche cosa al di fuori di noi? Qualche cosa che stentiamo a percepire e che assolutamente non vogliamo riconoscere? Molto meglio occupare la posizione del creditore, soprattutto misconoscendo possibili posizioni debitorie! Tutto è nella logica delle cose e non c’è nessuno a cui dobbiamo un “grazie!” Eppure sappiamo che non è vero…
Le azioni di Pilato e di Giuda sono note. Il pagano Pilato resta colpito dal Cristo. La sua “pietas”, calibrata a sostegno dei cittadini di Roma, prosegue ed accoglie un Nazareno. Pilato (e sua moglie) percepiscono, intuiscono un qualche cosa di nuovo e di profondamente diverso. Poi in Pilato prevale la realpolitik e non salva un innocente. Giuda è il precursore, il prototipo del cristiano infedele. È l’intellettuale di oggi che crede di possedere una conoscenza universale, in forza della quale aspira ad incarichi onorifici ed a riconoscimenti economici. Il suo raziocinio è la misura di tutte le cose. Intuisce i cambiamenti nell’aria (la casta dei sacerdoti ha già deciso che “perisca un giusto per il popolo, piuttosto che tutta una nazione” con tutte le sue gerarchie, riti e costumi) e cerca un proprio ruolo, un proprio tornaconto. Quei “trenta denari” potrebbero essere un acconto su futuri incarichi. E non esita a tradire, per di più con un bacio. Giuda con un ultimo pensiero dimostra di non aver ancora compreso quanto possa perdonare ed amare Dio e di quanto inadeguata possano essere la volontà e l’intelligenza dell’uomo. Un suicidio, reso terribile dalle circostanze, dimostra la sua poca fede e l’incapacità di Giuda di stare nella Storia o, con altre parole, la sua voglia di sottrarsi, di fuggire da una realtà che lui non è riuscito come pure credeva a manipolare, a governare.
Sento che un simile pellegrinaggio (guidato da Mons. Verucchi e fatto insieme a tante persone amiche) mi ha un poco cambiato e rinnovato nella fede. Temo, però, di essere anche un poco Pilato ed un poco Giuda. Infatti non ho ancora il coraggio di annunciare con serenità che veramente Cristo è risorto. Così come non sono sicuro di vivere e testimoniare sempre la mia fede, tanto da poterne essere esempio. Però con l’aiuto della Provvidenza e, magari, di un secondo pellegrinaggio in Terra Santa …


di Mario Paganini