Articolo Nr.13
del 11/04/2001
Il soggetto ed il fenomeno

La Storia, per molti, è fatta dai grandi personaggi (soggetti). Anche le ideologie che hanno caratterizzato, nel bene e nel male, il secolo appena trascorso sono state concepite da uomini (soggetti). Eppure, tra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo, si è verificato un cambiamento inimmaginabile poiché, per quanto accade di rilevante, si è passati dalla necessità di un “soggetto” all’esistenza del puro “fenomeno”.
Cosa si può rispondere alla domanda: “Dov’è il soggetto, il referente, il responsabile per i principali cambiamenti che c’è dato di osservare?”. Per quei “fenomeni” che ci toccano, tutti indistintamente anche se con intensità diversa, quali: la globalizzazione, la finanziarizzazione ed Internet, non sappiamo indicare il “soggetto”, il “chi”. Il “soggetto” scompare (od è troppo indeterminato o sfugge a qualsiasi controllo democratico), lasciando il solo “fenomeno”.
Sia il Presidente degli Stati Uniti sia la mente di un Nobel non hanno alcuna incidenza quanto ai sopra indicati fenomeni.
Chi controlla la globalizzazione? Eppure la globalizzazione esiste e sta cambiando profondamente il modo di produrre, ma il modo di produrre sta cambiando radicalmente sia gli stili di vita delle persone ed il loro modo di rapportarsi gli uni con gli altri, sia l’intero eco-sistema.
Chi controlla la finanziarizzazione? Eppure la finanziarizzazione esiste. Enormi flussi di denaro circolano, seguendo logiche sconosciute ai più, decretando le sorti di interi Paesi.
Chi controlla Internet? I militari che l’hanno dismessa (e che avranno trovato qualche cosa di ben più efficace) certamente non immaginavano l’evoluzione e le connotazioni commerciali che, poi, ha assunto. Eppure Internet esiste e nessuno riesce a porre in atto quei controlli che pure sarebbero auspicabili.
Quanti sono nati nel secolo scorso hanno acquisito un habitus mentale che si sviluppa su questa sequenza: penso, costruisco, abito.
Così per tanti adulti di oggi è prioritario concepire un’idea, che può acquisire le connotazioni impegnative di una ideologia oppure quelle più modeste di un progetto. A questa fase segue il tentativo di realizzare, di dare concretezza all’idea. Infine, realizzata l’idea, ossia la realtà voluta, la società desiderata, non resta che, finalmente, vivere in essa.
Sono noti a tutti alcuni sviluppi di società impostate su ideologie quali il nazi-fascismo, il socialismo reale, il mercato regolamentato, il capitalismo.
Ma, quando gli eventi non hanno un “soggetto”, allora non sono più nelle nostre mani, neppure parzialmente.
Chi vuole avere un ruolo deve cambiare habitus mentale, cambiare non per inseguire il cambiamento, ma per stare al passo con i tempi ed avere un ruolo.
Per gli adulti di oggi e di domani può riuscire utile modificare la sequenza appresa invertendola: abito, costruisco, penso.
Chi prende atto della realtà, ne ha sùbito coscienza, ossia acquista quella cittadinanza propria di chi abita un luogo e vive (concetto diverso dal sopravvive) pienamente il proprio tempo.
L’accettazione (concetto diverso dalla condivisione) del proprio tempo deve, poi, indurre all’assunzione di un atteggiamento responsabile. Avendo come riferimento convinzioni profonde, riscontrati dei limiti e degli errori, si deve operare per un graduale cambiamento, possibile agendo coerentemente e concretamente.
Questa seconda fase, caratterizzata da piccoli gesti, micro-realizzazioni, è propedeutica ad una riflessione. Quando dalla riflessione sulle risposte date singolarmente o sulle azioni compiute (non importa se a fronte di situazioni particolari o di emergenza) nasce un pensiero nel quale è possibile cogliere elementi comuni, potremo dire che esiste un filo conduttore, che tutto ricompone ad unità.
Questa scelta operativa (abito, costruisco, penso) rappresenta anche una risposta al fallimento della persona come “soggetto” che cerca una risposta esistenziale nell’individuo.
La psicologia che afferma: “se scavo dentro di me, trovo chi sono” non è approdata ad una risposta soddisfacente, mentre è sempre valido il: “trovo chi sono, rapportandomi con gli altri” e, meglio ancora, il: “trovo chi sono, se riesco ad essere un dono per gli altri”.
Quando i “fenomeni” collettivi si rilevano al di fuori del controllo dei singoli, le scelte personali, adottate da tanti, possono produrre delle modifiche altrimenti impossibili.
Esiste un livello primo, un riferimento costante, per i cristiani: il comportarsi secondo coscienza, che non è in contraddizione con la crisi del “soggetto” e dell’individuo.
E’ un prendere atto che è nel giusto chi cerca di essere come un artigiano laborioso, che affronta i problemi del proprio tempo, cercando di risolverli (come “sale” e “lievito”), mentre non è corretto il ruolo di chi reclama per sé e per i suoi quello di maestro, ma rifiuta il quotidiano (soprattutto quando è scomodo e poco gratificante), testimone astratto fuori della Storia.


Mario Paganini