Articolo Nr.107
del 26/11/2011
Berlusconi che va, berlusconismo che resta.

Forse che noi italiani siamo una … razza dannata!? Il ricordo va ad un professore e ad una lezione. Parlava dei prigionieri di guerra. Molti militari erano rinchiusi in quel campo. Erano sia italiani che tedeschi. Gli inglesi, che avevano avuto modo di … farsi una esperienza con la guerra anglo boera, si impegnavano per non lasciare nell’ozio i prigionieri. A costoro erano, pertanto, date incombenze di duro facchinaggio, come il dover trasportare pezzi di rotaia da un mezzo ad un altro mezzo. Il pesante fardello veniva sorretto da una dozzina di tedeschi. Quando toccava agli italiani, la squadra era composta da venti uomini. Anche in quel campo di prigionia la Croce Rossa aveva fatto installare una infermeria. Era affollatissima. Erano quasi tutti italiani. A metà del secolo scorso i tedeschi erano una razza superiore? Negli slogan sicuramente! Invece, di certo, la loro costituzione fisica non poteva essere il doppio! Piuttosto accadeva, molto semplicemente, che gli italiani flettevano le gambe. In una squadra un “furbo” o due potevano esserci. Ma quando i venti uomini diventavano venti “furbi” l’incedere della squadra diventava scomposto e il peso della rotaia - sui singoli - andava soggetto a improvvise variazioni. Le cadute erano frequenti, erano rovinose e, di conseguenza, gli infortuni ineluttabili.
In questi due anni non ho risparmiato critiche al passato Capo del Governo. Credo, quindi, di poter aggiungere, ora, anche qualche altra considerazione.
In primo luogo sui nostri i politici che, in generale, hanno una evidente convenienza a spender soldi, poiché questi creano consenso, e a non imporre tasse, che invece il consenso lo fanno perdere. E, se proprio costretti, comunque preferiscono spendere quanti più soldi possibile, dei propri concittadini, anche a costo di imporre tasse corrispondenti. Gli elettori, invece, fino ad oggi, non sono – o, almeno, non sono stati – capaci di utilizzare il loro diritto di voto, per arrestare questa “ovvia” tendenza dei politici a spender soldi ed a far debiti.
Seconda osservazione: la religione e la religiosità. Ma il nostro è un Paese “cattolico” nella sostanza oppure “ritualista” nella forma? Noi italiani apprezziamo la coreografia esteriore, la recitazione e il chiacchiericcio oppure sappiamo essere testimoni di una "buona novella"? Gli antichi romani, prima della venuta di Cristo, erano convinti assertori che occorresse vivere onestamente, senza danneggiare alcuno e dando a ciascuno quanto gli fosse dovuto.
La terza è una nota di colore. Lui mi fissa e mi dice: “Non so come spiegarmelo. Ricordo benissimo che Mr. B. rivendicava per se stesso il diritto di divertirsi, dopo una giornata di duro lavoro, stando in gentile compagnia. Ricordo anche di aver apprezzato il malevolo commento su “quelli della sinistra” che, invece, avrebbero altre frequentazioni. Ebbene solo ora realizzo che, chi parlava, era un ultra settantenne, che andava adescando delle adolescenti e che compensava smodatamente o con incarichi di prestigio, delle prostitute. Per negare l’evidenza ho perfino accettato e condiviso l’invenzione delle "escort", quando la parola da usare era un’altra, sempre quella, ben nota e vecchia come l’umanità!”
Quarto elemento: nessuno nel Paese ha il coraggio di cambiare o di premere l’ultimo bottone.
In Italia sono anni che non cambia nulla, che non accade nulla di realmente innovativo. Da una parte ci sono coloro che contano pochissimo e che, pertanto, sono sfruttati. Dall’altra ci sono quelli che governano. È un’oligarchia sempre più chiusa in se stessa, sempre più auto referenziale. È una élite sempre meno capace di leggere dentro le cose, di concepire programmi o progetti. In Occidente abbiamo dei politici che recitano come degli attori e abbiamo degli attori e dei comici che si danno alla politica. Ma allora a chi compete avere idee capaci di promuovere il bene di tutti?
Con un minimo di organizzazione l’evasione fiscale potrebbe diventare insignificante, così come nelle altre nazioni. È evidente che manca la volontà politica.
C’è stato progresso, ma il benessere prodotto non è condiviso. Anzi.
Occorre riuscire ad immaginare cambiamenti profondi. Senza ritornare al passato, senza negare diritti o demolire lo stato sociale.
Occorre pensare in grande. Alla globalizzazione dei capitali dovrà corrispondere la globalizzazione dei proletari e ad una crescita infinita, un maggior rispetto per l’esistente (sia esso l’ambiente sia la persona umana). Infine occorre ricordare che le Istituzioni possono fare molto. Cambiamo pure tante cose. Ma cerchiamo anche di cambiare noi stessi, il nostro modo di fare, il nostro modo di essere.


di Mario Paganini